Da “Demian” di Hermann Hesse
“Ogni uomo però non è soltanto lui stesso; ma è anche il punto unico, particolarissimo, in ogni caso importante, curioso, dove i fenomeni del mondo s’incrociano una sola volta senza ripetizione. Perciò la storia di ogni uomo è importante, eterna, divina, perciò ogni uomo fintanto che vive in qualche modo e adempie il volere della natura è meraviglioso e degno di ogni attenzione. In ognuno lo spirito ha preso forma, in ognuno soffre il creato, in ognuno si crocifigge un redentore”.
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Noi non abbiamo il libero arbitrio. Né un altro può pensare ciò che vuole né io lo posso far pensare ciò che voglio. Ma se si osserva bene un altro si può dire con una certa precisione che cosa questi pensa e sente e in tal caso si può anche prevedere ciò che farà nel momento successivo. i molto semplice, però la gente non lo sa. S'intende che ci vuole un certo esercizio. Tra le farfalle, per esempio, ci sono certe falene, le cui femmine sono molto più rare dei maschi. Le farfalle si moltiplicano come tutte le bestie, il maschio feconda la femmina che poi depone le uova. Ora, se di queste falene tu hai una femmina (la prova è stata fatta 'molte volte dai naturalisti), i maschi arrivano di notte da distanze enormi. Sarebbero, pensa un po' ore e ore di strada. A molti chilometri di distanza quei maschi sentono l'unica femmina presente nella regione. Di ciò si vorrebbe dare una spiegazione, ma non è facile. Deve esistere una specie di olfatto o qualcosa di simile, allo stesso modo che i buoni cani da caccia scoprono e seguono tracce impercettibili. Mi capisci? Di queste cose è piena la natura, e nessuno le sa interpretare. Ora io dico: se tra queste farfalle le femmine fossero frequenti come i maschi, questi non avrebbero il fiuto così fine. Lo hanno soltanto perché vi si sono allenati. Quando un animale o un uomo rivolge tutta l'attenzione e tutta la volontà verso una data cosa, finisce col raggiungerla. Tutto qui. Lo stesso vale per il caso a cui pensi. Guarda abbastanza esattamente un uomo e saprai di lui più di quanto ne sappia egli stesso.»
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Il Dio dell'Antico e del Nuovo Testamento è un personaggio eccellente, ma non è quello che dovrebbe essere. il bene, la nobiltà, il bello, è paterno, alto, sentimentale: tutte belle cose, ma nel mondo c'è dell'altro che viene attribuito semplicemente al diavolo, e tutta questa parte del mondo, questa metà viene soppressa e uccisa col silenzio. Allo stesso modo si esalta Dio come padre di ogni vita, ma non si parla della vita sessuale che pure è fondamento della vita, e se mai, la si dichiara diabolica e peccaminosa. Non ho proprio niente in contrario a che si veneri questo Dio Geova, ma io dico che dobbiamo venerare tutto e considerare sacro il mondo intero, non soltanto la metà ufficiale, artificiosamente separata. Accanto al servizio di Dio dovremmo avere anche un servizio del diavolo. A me parrebbe giusto. Oppure bisognerebbe procurarsi un Dio che racchiuda anche il demonio e davanti al quale non si abbia da chiudere gli occhi quando avvengono le cose più naturali del mondo.»
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«Noi tracciamo sempre troppo stretti i limiti della nostra personalità. Attribuiamo alla nostra persona soltanto ciò che ci appare individualmente diverso e differente. Ma noi, ognuno di noi, consta di tutto il complesso del mondo, e come il nostro corpo ha in sé le tavole genealogiche dello sviluppo su su fino al pesce e più indietro ancora, così abbiamo nell'anima tutto ciò che mai è vissuto in anime umane Tutti gli dei e i diavoli che sono esistiti, sia tra i greci e i cinesi, sia fra gli zulù, tutti sono dentro di noi come possibilità, come desideri o vie d'uscita. Se l'umanità si estinguesse tutta, tranne un unico bambino di mediocre intelligenza che non avesse avuto alcuna istruzione, questo bambino ritroverebbe intera la via delle cose e saprebbe riprodurre tutto, dei e demoni, paradisi, leggi e divieti, antichi e nuovi testamenti.» «Sta bene» obiettai: «ma in che consiste allora il valore dell'individuo? A che scopo fare sforzi se abbiamo già tutto compiuto dentro di noi?» «Un momento!» gridò Pistorius. «C'è una bella differenza tra l'avere il mondo dentro di sé ed esserne anche consapevoli! Un pazzo può produrre pensieri che ricordino Platone e lo scolaretto devoto di un istituto religioso può concepire nessi mitologici che troviamo nei gnostici o in Zoroastro Ma non ne sa niente, e finché non lo sa è un albero o un sasso, nel migliore dei casi un animale. Quando poi gli balena la prima scintilla di questa conoscenza diventa uomo. Non vorrà mica considerare uomini tutti i bipedi che passano per la strada soltanto perché camminano ritti e la gestazione dei loro figli dura nove mesi! Lei capisce che molti di loro sono pesci o pecore, vermi o sanguisughe. E quanti sono formiche, quanti api! Certo in ognuno di loro ci sono possibilità di diventar uomini, ma solo quando lo intuiscono e imparano a rendersene conto queste possibilità appartengono a loro.»
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Come una fiamma tagliente m'investì a questo punto l'intuizione che ognuno ha un compito, ma nessuno quello che egli stesso ha potuto scegliere, circoscrivere e amministrare a volontà. È errato aspirare a nuovi dei, assolutamente errato voler dare qualche cosa al mondo. Per gli uomini illuminati non esiste nessunissimo dovere, tranne uno: di cercare se stessi, di consolidarsi in sé, di procedere a tentoni per la propria via dovunque essa conduca. Ciò mi scosse profondamente e portò a questo risultato: molte volte avevo giocato con le visioni dell'avvenire, avevo sognato parti che mi potevano essere destinate, una parte di poeta o di profeta o di pittore o qualcosa di simile. Niente di tutto ciò. Io non ero al mondo per fare il poeta, per predicare o dipingere, né questi compiti erano assegnati ad altri. Tutto ciò è secondario. La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso. Finisca poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Affar suo è trovare il proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto e senza fratture dentro di sé. Tutto il resto significa soffermarsi a metà, è un tentativo di fuga, è il ritorno all'ideale della massa, è adattamento e paura del proprio cuore. Terribile e sacra sorse davanti a me la nuova immagine mille volte intuita, forse già espressa, eppure soltanto ora vissuta. Io ero un parto della natura lanciato verso l'ignoto, forse verso qualcosa di nuovo o forse anche verso il nulla, e il mio compito consisteva unicamente nel lasciare che quel parto si evolvesse dal profondo, nel sentire dentro di me la sua volontà e nel farlo mio.
Demian di James Franco