venerdì 8 dicembre 2017

Da Mattatoio N. 5 o la Crociata dei bambini di Kurt Vonnegut




O'Hare e io la smettemmo di ricordare, andammo in soggiorno, e parlammo di altre cose. Ci venne la
curiosità di saper qualcosa della vera 'crociata dei bambini' e così O'Hare la cercò in un libro che
aveva, "Straordinari inganni popolari e fanatismo delle folle", di Charles Mackay. Era stato
pubblicato per la prima volta a Londra, nel 1841.
Mackay aveva una scarsa opinione di "tutte" le crociate. La crociata dei bambini gli era parsa
appena un poco più ignobile delle dieci per adulti. O'Hare lesse a voce alta questo brano:
"La storia ci dice nel suo tono solenne che i crociati non erano altro che uomini ignoranti e feroci, che a
muoverli era un fanatismo sfrenato, e che il loro era un itinerario di sangue e lacrime. La leggenda,
d'altra parte, si diffonde sulla loro religiosità e il loro eroismo, e dipinge a toni intensi e splendenti il
loro valore e la loro magnanimità, la gloria imperitura che si sono guadagnati e i grandi servizi resi alla
cristianità."
E poi O'Hare lesse questo: "Ora quale fu il grande risultato di tutte queste lotte? L'Europa vi lasciò una
quantità di tesori e il sangue di due milioni dei suoi abitanti; e un gruppetto di cavalieri litigiosi
conservò il possesso della Palestina per un centinaio d'anni."
Mackay raccontava che la crociata dei bambini era iniziata nel 1213, quando a due monaci venne
l'idea di arruolare degli eserciti di bambini in Germania e in Francia, e di venderli in Nord Africa
come schiavi. Trentamila bambini si presentarono come volontari, pensando di andare in Palestina.
"Erano indubbiamente", diceva Mackay, ragazzi sfaccendati e abbandonati a se stessi, temerari e
pronti a tutto, come se ne trovano di solito nelle grandi città".
Anche il papa Innocenzo Terzo pensava che fossero diretti in Palestina, e ne fu tutto eccitato.
“Questi ragazzi vegliano mentre noi dormiamo!” disse.
La maggior parte dei bambini fu imbarcata a Marsiglia, e una metà circa di essi morì durante
naufragi. Gli altri giunsero in Nord Africa, dove furono venduti.
A causa di un malinteso, alcuni ragazzi si presentarono per l'arruolamento a Genova, dove non
c'erano navi di schiavi ad attenderli. Vennero nutriti e alloggiati dalla buona gente di là, che li
interrogò e, dopo aver dato loro qualche soldo e un bel po' di consigli, li rispedì a casa.


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Era "Il Vangelo dello spazio" di Kilgore Trout. Parlava di un essere venuto
dallo spazio, che somigliava molto a un tralfamadoriano, fra l'altro. L'essere proveniente dallo spazio
studiò a fondo il cristianesimo per capire, se possibile, perché per i cristiani fosse tanto facile esser
crudeli. Concluse che il guaio derivava almeno in parte dal modo trasandato in cui era scritto il Nuovo
Testamento. Secondo lui l'intento dei Vangeli era di insegnare alla gente, fra le altre cose, a essere
misericordiosi, anche verso i più umili.
Ma i Vangeli finirono in realtà per insegnare questo:
"Prima di uccidere un uomo, accertatevi bene che non sia imparentato con qualcuno d'importante".
Così va la vita.
La magagna nelle storie di Cristo, diceva l'essere venuto dallo spazio, era che Cristo, malgrado le
apparenze, era il Figlio dell'Essere più potente dell'universo. I lettori lo capivano e così, quando
arrivavano alla crocifissione, naturalmente pensavano (e qui Rosewater lesse a voce alta):
"Ok, ragazzi... hanno proprio preso un granchio, nello scegliere il tizio da linciare!"
E un fratello pensò anche: "'C'è invece della gente che si deve linciare'". Chi? La gente non ben
imparentata. Così va la vita.
L'essere venuto dallo spazio fece dono alla Terra di un nuovo Vangelo. In esso, Gesù era davvero un
tizio qualsiasi, e costituiva una seccatura per un sacco di gente meglio imparentata di lui. Anche lì
aveva da dire tutte le cose belle e imbarazzanti che diceva negli altri Vangeli.
Così la gente un giorno si divertì a inchiodarlo a una croce e a piantare la croce a terra. Non potevano
esserci ripercussioni di alcun genere, pensavano quelli che l'avevano linciato. Anche il lettore era
indotto a pensarlo, dato che il nuovo Vangelo seguitava a ripetere che Gesù era proprio
un ometto qualsiasi.
E poi, appena prima che l'ometto morisse, i cieli si aprirono, e vi furono tuoni e lampi. Dall'alto scese
scrosciante la voce di Dio. Questi disse alla gente che egli adottava il povero vagabondo, dandogli pieni
poteri e privilegi di Figlio del Creatore dell'universo per tutta l'eternità. Ecco cosa disse: "Da questo
momento in poi, Egli punirà orribilmente chiunque tormenterà un vagabondo senza parenti importanti!"

*****

Il maggiore si scusò per aver dovuto mettere dei soldati americani nelle baracche degli inglesi.
Promise che l'inconveniente sarebbe durato non più di un giorno o due, dato che gli americani
sarebbero stati mandati presto a Dresda, al lavoro coatto. Aveva con sé una monografia, pubblicata
dall'Associazione tedesca degli ufficiali carcerari. Era un rapporto sul comportamento dei prigionieri
di guerra americani in Germania, e lo aveva scritto un ex americano che aveva fatto molta carriera nel
Ministero della propaganda tedesco. Si chiamava Howard. W. Campbell, Junior In seguito si sarebbe
impiccato, mentre aspettava di esser processato come criminale di guerra.
Così va la vita.
Mentre il colonnello inglese sistemava il braccio rotto a Lazzaro e preparava il gesso, il maggiore
tedesco tradusse a voce alta alcuni brani dello scritto di Howard W. Campbell, Junior Campbell un
tempo era stato un commediografo piuttosto noto. La monografia iniziava così:
"L'America è la nazione più ricca del mondo, ma il suo popolo è in gran parte povero, e gli americani
poveri tendono a odiare se stessi. Per citare l'umorista americano Kin Hubbard: “Esser povero non è
una disgrazia, ma potrebbe anche esserlo”. Effettivamente per un americano è un crimine essere
povero, benché l'America sia un paese di poveri. Ogni altro paese ha tradizioni popolari che parlano di
uomini poveri ma molto saggi e virtuosi, e quindi più stimabili di qualsiasi individuo ricco e potente.
Per gli americani poveri non esistono leggende del genere; loro deridono se stessi e esaltano quelli più
ricchi di loro. I ristoranti e i caffè più modesti, di proprietà a loro volta di gente povera, hanno spesso
sul muro una scritta con questa crudele domanda: 'Se sei tanto intelligente, perché non sei ricco?'. E
non manca poi una bandiera americana non più grande della mano di un bambino, attaccata a una
stecca di lecca-lecca e sventolante dal registratore di cassa."
Si diceva che l'autore di questo scritto, nato a Schenectady, New York, avesse il più alto quoziente
d'intelligenza tra tutti i criminali di guerra condannati all'impiccagione. Così va la vita.
"Gli americani, come tutti gli altri popoli, credono in molte cose che sono ovviamente false,"
seguitava la monografia. "La loro illusione più perniciosa è che sia molto facile, per un americano
fare soldi. Non si rendono conto di quanto in realtà sia duro, e quindi quelli che non ne hanno non
fanno altro che rimproverarsene. Questo senso di colpa è stato una vera fortuna per i ricchi e i
potenti; in questo modo, infatti, hanno potuto permettersi di fare, per i poveri, meno di qualsiasi altra
classe dirigente fin dall'epoca napoleonica.
Molte sono le novità giunte dall'America. La più stupefacente è costituita da una massa di poveri
privi di dignità: una cosa senza precedenti. Costoro non si amano a vicenda perché non amano
neppure se stessi. Una volta compreso questo, lo sgradevole comportamento dei militari americani
nei campi di prigionia tedeschi cessa di essere un mistero."
Howard W. Campbell, Junior passava poi a parlare dell'uniforme dei soldati americani nella
seconda guerra mondiale: "Ogni altro esercito della storia, ricco o no, ha cercato di vestire anche i suoi
soldati di grado più basso in modo che potessero far colpo a se stessi e agli altri come raffinati esperti
in fatto di bere, copulare, saccheggiare e uccidere. L'esercito americano invece manda i suoi soldati a
combattere e a morire in un vestito da lavoro modificato, fatto evidentemente per un'altra persona, con
un equipaggiamento sterilizzato ma inadatto, porto dalla carità cenciosa che regala abiti agli ubriachi
degli slum.
Quando un ufficiale tirato a lustro si rivolge a un disgraziato così malvestito, lo rimprovera, come
deve fare un ufficiale in qualsiasi esercito. 

Ma il disprezzo dell'ufficiale non è, come in altri eserciti,
un atteggiamento di paternalistica teatralità: è una genuina espressione di odio verso i poveri, che
non hanno da rimproverare, per la loro miseria, altri che se stessi.
Un responsabile d'un campo di prigionia che abbia a che fare per la prima volta con militari
americani bisogna che stia in guardia: non deve aspettarsi alcun affetto fraterno, nemmeno tra
fratelli. Non vi può essere alcuna coesione tra i singoli. Ciascuno sarà soltanto un bambino
imbronciato, che spesso non desidererà altro che esser morto."

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Due giorni prima che Dresda venisse distrutta, gli americani del mattatoio ebbero una visita molto
interessante. Era Howard W. Campbell, Junior, un americano che era diventato nazista. Campbell era
il tizio che aveva scritto la monografia sull'indecente comportamento dei prigionieri di guerra
americani. Ora non stava facendo altre ricerche sui prigionieri; era venuto al mattatoio a reclutare
uomini per un'unità tedesca chiamata 'Corpo americani liberi'. Campbell era il creatore e il
comandante dell'unità, che avrebbe dovuto combattere solo sul fronte russo.
Campbell era un uomo dall'aspetto comune, ma indossava una stravagante uniforme di sua invenzione.
Portava un cappello bianco gallonato e degli stivali neri da cowboy decorati di svastiche e stelle. Era
inguainato in una specie di calzamaglia azzurra con delle strisce gialle che andavano dalle ascelle alle
caviglie. Sulle spalle aveva un'immagine formata dal profilo di Abramo
Lincoln su campo verde pallido. Aveva un largo bracciale rosso, con una svastica azzurra in un
cerchio bianco.
Ora stava spiegando il significato di questo bracciale, nel recinto per i maiali del macello.
Billy Pilgrim aveva un gran bruciore di stomaco, perché aveva mandato giù cucchiaiate di sciroppo
tutto il giorno. Il brucior di stomaco gli faceva lacrimare gli occhi, per cui l'immagine che aveva di
Campbell era distorta da lenti dondolanti d'acqua salata.
“L'azzurro è il cielo americano” stava dicendo Campbell. “Il bianco è la razza che ha esplorato il
continente, prosciugato le paludi, eliminato le foreste e costruito strade e ponti. Il rosso è il sangue dei
patrioti americani, che è stato versato in passato con tanto entusiasmo.”
Il pubblico di Campbell sonnecchiava. Avevano lavorato duro alla fabbrica di sciroppo, e poi avevano
fatto marciando tutto il lungo percorso dalla fabbrica a casa, nel freddo. Erano macilenti e avevano gli
occhi scavati. La loro pelle stava cominciando a sbocciare in piccole piaghe; e così pure la bocca, la
gola e l'intestino. Lo sciroppo che mandavano giù alla fabbrica conteneva solo alcune delle vitamine e
dei minerali di cui ogni terrestre ha bisogno.
Campbell ora offriva, agli americani cibo, bistecche, purè, sugo, pasticcio di carne e frutta secca, in
cambio dell'arruolamento nel Corpo americani liberi. “Una volta sconfitti i russi,” seguitava “verrete
rimpatriati attraverso la Svizzera.”
Non vi fu risposta.
“Prima o poi finirete per dover combattere contro i comunisti” disse Campbell. “Perché non farla
fuori subito?”
E poi si vide che qualcuno, alla fin fine, avrebbe dato una risposta a Campbell. Il povero vecchio
Derby, lo sfortunato insegnante di liceo, si alzò pesantemente in piedi, per quello che fu probabilmente
il più bel momento della sua vita. Non ci sono quasi personaggi, in questa storia, e non ci sono quasi
confronti drammatici, perché la maggior parte degli individui che vi compaiono sono malridotti, sono
solo giocattoli indifferenti in mano a forze immense. Uno dei principali effetti della guerra, in fondo, è
che la gente è scoraggiata dal farsi personaggio. Ma il vecchio Derby in quel momento era un
personaggio.
La sua posizione era quella di un pugile ubriaco. Aveva la testa chinata; i pugni erano tesi in avanti, in
attesa di istruzioni e piani di battaglia. Derby sollevò la testa, e chiamò Campbell serpente. Poi si
corresse. Disse che i serpenti non potevano fare a meno di essere serpenti, e che Campbell, dato che era
responsabile di quel che era, era molto peggio di un serpente o di un topo, o persino di una zecca piena
di sangue.
Campbell sorrise.



Derby parlò commoventemente della forma di governo americana, della libertà, della giustizia, delle
opportunità e del fair play che garantiva a tutti. Disse che non c'era un uomo, fra loro, che non sarebbe
stato contento di morire per quegli ideali.
Parlò della fratellanza tra il popolo americano e il popolo russo, e di come le due nazioni avrebbero
vinto il morbo del nazismo, che avrebbe voluto infettare il mondo intero.
Le sirene d'allarme di Dresda ulularono lugubremente.
Gli americani, le loro guardie e Campbell si rifugiarono in un deposito per la carne scavato nella
roccia viva sotto il mattatoio, dove tutto echeggiava. C'era una scala di ferro, con porte di ferro in
cima e in fondo.
Giù nel deposito c'erano un po' di buoi, pecore, maiali e cavalli appesi a uncini di ferro. Così va la vita.
C'erano poi degli uncini liberi per altre migliaia di animali. Dentro faceva un freddo naturale; nessuna
refrigerazione. La luce era di candela. L'ambiente era imbiancato a calce e sapeva di acido fenico.
Lungo una parete c'erano delle panchine. Gli americani andarono a sedervisi, spazzando via, prima, le
scaglie d'intonaco che, c'erano sopra.
Howard W. Campbell, Junior restò in piedi, come le guardie. Parlò alle guardie in un tedesco
eccellente. Aveva scritto, a suo tempo, molte note commedie e poesie in tedesco, e aveva sposato una
famosa attrice tedesca, Resi North. Ora lei era morta: era rimasta uccisa mentre intratteneva le truppe
in Crimea. Cosi va la vita.

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Da Ghiaccio Nove di Kurt Vonnegut



Durante il mio viaggio a Ilium e oltre - una spedizione di due settimane che comprese anche il Natale - lasciai gratuitamente il mio appartamento di New York a un povero poeta che si chiamava Sherman Krebbs. La mia seconda moglie mi aveva lasciato dicendo che io ero troppo pessimista perché un’ottimista potesse vivere con me.
            Krebbs aveva la barba, era un Gesù biondoplatino dagli occhi di cocker spaniel.
            Non era un mio amico intimo. L’avevo conosciuto a un cocktail party, dove si era presentato come il presidente nazionale dell’Associazione dei poeti e dei pittori favorevoli a una immediata guerra atomica. 
Chiedeva un rifugio, non necessariamente a prova di bomba, e per caso io ne avevo uno.
            Quando, ancora vibrante per gli inquietanti sottintesi spirituali dell’angelo marmoreo di Ilium mai reclamato, ritornai nel mio appartamento, lo trovai rovinato da una corruzione nichilista. Krebbs se ne era andato; ma prima di andarsene aveva fatto telefonate interurbane per trecento dollari, aveva bruciacchiato il mio divano in cinque punti, aveva fatto morire il mio gatto e il mio albero di avocado, e aveva strappato lo sportello del mio armadietto del pronto soccorso.
            Aveva scritto questa poesia, con ciò che risultò essere sterco, sul pavimento di linoleum giallo della mia cucina:
           
             Ho una cucina.  
             Ma non è una cucina completa.  
             Non sarò veramente felice
             fino a che non avrò
             una sbrigaroba
              
            C’era un altro messaggio, scritto con il rossetto da una mano femminile, sulla tappezzeria sopra il mio letto. Diceva: “No, no, no, disse Pollicino”.

            C’era un biglietto che pendeva dal collo del mio gatto morto. 

C’era scritto; “Miao”. 

****

Verso la coda dell’aereo c’era un bar, e io mi rifugiai là per bere qualcosa. Fu là che incontrai un altro compatriota americano, H. Lowe Crosby di Evanston, Illinois, e sua moglie Hazel.
           
            Erano persone massicce, sulla cinquantina. Parlavano con un forte accento dialettale. Crosby mi disse che possedeva una fabbrica di biciclette a Chicago, e che non riceveva altro che ingratitudine dai suoi dipendenti. Stava per trasferire la ditta nella riconoscente San Lorenzo.
            “Conosce bene San Lorenzo?” chiesi.
            “Questa sarà la prima volta che la vedo, ma mi piace tutto quello che ne ho sentito dire” rispose H. Lowe Crosby. “Hanno la disciplina. Hanno qualcosa su cui si può far conto, da un anno all’altro. Non hanno un governo che incoraggia chiunque a diventare un originale pidocchio di cui nessuno ha mai sentito parlare.”
            “Prego?”
            “Cribbio, a Chicago non facciamo più biciclette. E tutto relazioni umane, adesso.
            Le teste d’uovo non fanno che pensare nuove maniere per rendere tutti felici.
            Nessuno può essere licenziato, qualsiasi cosa succeda; e se per caso qualcuno fabbrica una bicicletta, i sindacati ci accusano di pratiche crudeli e inumane e il governo confisca la bicicletta in conto tasse arretrate e la regala a un cieco dell’Afganistan.”
            “E lei crede che a San Lorenzo le cose andranno meglio?”

            “Lo so maledettamente bene, che andranno meglio! La gente, laggiù, è abbastanza povera e abbastanza spaventata e abbastanza ignorante da avere un po’ di senso comune!” 
Da l'Ignoranza di Milan Kundera



In greco «ritorno» si dice "nóstos". "Algos" significa «sofferenza». La nostalgia è dunque la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare. Per questa nozione fondamentale la maggioranza degli europei può utilizzare una parola di origine greca ("nostalgia", "nostalgie"), poi altre parole che hanno radici nella lingua nazionale: gli spagnoli dicono "añoranza", i portoghesi "saudade". In ciascuna lingua queste parole hanno una diversa sfumatura semantica. Spesso indicano esclusivamente la tristezza provocata dall'impossibilità di ritornare in patria. Rimpianto della propria terra. Rimpianto del paese natio. Il che, in inglese, si dice "homesickness". O, in tedesco "Heimweh". In olandese: "heimwee". Ma è una riduzione spaziale di questa grande nozione. Una delle più antiche lingue europee, l'islandese, distingue i due termini: "söknudur": «nostalgia» in senso lato; e "heimfra": «rimpianto della propria terra». Per questa nozione i cechi, accanto alla parola «nostalgia» presa dal greco, hanno un sostantivo tutto loro: "stesk", e un verbo tutto loro; la più commovente frase d'amore ceca: "styská se mi po tobe": «ho nostalgia di te»; «non posso sopportare il dolore della tua assenza». In spagnolo, "añoranza" viene dal verbo "añorar" («provare nostalgia»), che viene dal catalano "enyorar", a sua volta derivato dal latino "ignorare". Alla luce di questa etimologia, la nostalgia appare come la sofferenza dell'ignoranza. Tu sei lontano, e io non so che ne è di te. Il mio paese è lontano, e io non so cosa succede laggiù. Alcune lingue hanno qualche difficoltà con la nostalgia: i francesi non possono esprimerla se non con il sostantivo di origine greca e non hanno il verbo relativo; possono dire: "je m'ennuie de toi" («sento la tua mancanza» ), ma il verbo "s'ennuyer" è debole, freddo, e comunque troppo lieve per un sentimento così grave. I tedeschi utilizzano di rado la parola «nostalgia» nella sua forma greca e preferiscono dire "Sehnsucht": «desiderio di ciò che è assente»; ma la "Sehnsucht" può applicarsi a ciò che è stato come a ciò che non è mai stato (una nuova avventura) e quindi non implica di necessità l'idea di un "nóstos"; per includere nella "Sehnsucht" l'ossessione del ritorno occorrerebbe aggiungere un complemento: "Sehnsucht nach der Vergangenheit, nach der verlorenen Kindheit, nach der ersten Liebe" («desiderio del passato, dell'infanzia perduta, del primo amore»).