Da Ghiaccio Nove di Kurt Vonnegut
Durante
il mio viaggio a Ilium e oltre - una spedizione di due settimane che comprese
anche il Natale - lasciai gratuitamente il mio appartamento di New York a un
povero poeta che si chiamava Sherman Krebbs. La mia seconda moglie mi aveva
lasciato dicendo che io ero troppo pessimista perché un’ottimista potesse
vivere con me.
Krebbs
aveva la barba, era un Gesù biondoplatino dagli occhi di cocker spaniel.
Non
era un mio amico intimo. L’avevo conosciuto a un cocktail party, dove si era
presentato come il presidente nazionale dell’Associazione dei poeti e dei
pittori favorevoli a una immediata guerra atomica.
Chiedeva un rifugio, non
necessariamente a prova di bomba, e per caso io ne avevo uno.
Quando,
ancora vibrante per gli inquietanti sottintesi spirituali dell’angelo marmoreo
di Ilium mai reclamato, ritornai nel mio appartamento, lo trovai rovinato da
una corruzione nichilista. Krebbs se ne era andato; ma prima di andarsene aveva
fatto telefonate interurbane per trecento dollari, aveva bruciacchiato il mio
divano in cinque punti, aveva fatto morire il mio gatto e il mio albero di
avocado, e aveva strappato lo sportello del mio armadietto del pronto soccorso.
Aveva
scritto questa poesia, con ciò che risultò essere sterco, sul pavimento di
linoleum giallo della mia cucina:
Ho una
cucina.
Ma non è
una cucina completa.
Non sarò
veramente felice
fino a
che non avrò
una
sbrigaroba
C’era
un altro messaggio, scritto con il rossetto da una mano femminile, sulla
tappezzeria sopra il mio letto. Diceva: “No, no, no, disse Pollicino”.
C’era
un biglietto che pendeva dal collo del mio gatto morto.
C’era scritto; “Miao”.
****
Verso
la coda dell’aereo c’era un bar, e io mi rifugiai là per bere qualcosa. Fu là
che incontrai un altro compatriota americano, H. Lowe Crosby di Evanston,
Illinois, e sua moglie Hazel.
Erano
persone massicce, sulla cinquantina. Parlavano con un forte accento dialettale.
Crosby mi disse che possedeva una fabbrica di biciclette a Chicago, e che non
riceveva altro che ingratitudine dai suoi dipendenti. Stava per trasferire la
ditta nella riconoscente San Lorenzo.
“Conosce
bene San Lorenzo?” chiesi.
“Questa
sarà la prima volta che la vedo, ma mi piace tutto quello che ne ho sentito
dire” rispose H. Lowe Crosby. “Hanno la disciplina. Hanno qualcosa su cui si può
far conto, da un anno all’altro. Non hanno un governo che incoraggia chiunque a
diventare un originale pidocchio di cui nessuno ha mai sentito parlare.”
“Prego?”
“Cribbio,
a Chicago non facciamo più biciclette. E tutto relazioni umane, adesso.
Le
teste d’uovo non fanno che pensare nuove maniere per rendere tutti felici.
Nessuno
può essere licenziato, qualsiasi cosa succeda; e se per caso qualcuno fabbrica
una bicicletta, i sindacati ci accusano di pratiche crudeli e inumane e il
governo confisca la bicicletta in conto tasse arretrate e la regala a un cieco
dell’Afganistan.”
“E
lei crede che a San Lorenzo le cose andranno meglio?”
“Lo
so maledettamente bene, che andranno meglio! La gente, laggiù, è abbastanza
povera e abbastanza spaventata e abbastanza ignorante da avere un po’ di senso
comune!”
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