Victor Hugo
Da “L’uomo che ride”
Il discorso di Gwynplaine
«Io sono colui che viene dalle
profondità . Mylords, voi siete i grandi e i ricchi. È pericoloso. Voi
approfittate della notte. Ma state attenti, c’è una grande potenza, l’aurora.
L’alba non può essere vinta. Arriverà . Sta già venendo. Essa ha in sé il getto
irresistibile della luce. Chi impedirà a questa fionda di lanciare il sole nel
cielo? Il sole, cioè il diritto. Ma voi, voi siete il privilegio. Abbiate
paura. Il vero padrone di casa sta per bussare alla porta. Chi è il padre del
privilegio? Il caso. E chi è suo figlio? L’abuso. Né il caso né l’abuso sono
solidi.
Un brutto futuro li aspetta entrambi.
Io voglio avvertirvi. Denuncio davanti a voi la vostra felicità . È fatta con
l’infelicità degli altri. Voi avete tutto, ma questo tutto è composto del nulla
degli altri. Mylords, io sono l’avvocato senza speranza, io difendo una causa
persa. Questa causa sarà Dio a vincerla. Io non sono niente, sono solo una
voce.
Il genere umano è una bocca di cui io
sono il grido. Voi mi ascolterete. Io voglio aprire davanti a voi, pari
d’Inghilterra, le grandi assisi del popolo, questo sovrano che è vittima,
questo condannato che è il giudice. Ciò che devo dire mi schiaccia. Da dove
inizierò? Non so. Ho raccolto la mia interminabile arringa sparsa nel vasto
caos delle sofferenze. Che fare ora? Essa mi opprime, e io la riverso davanti a
me, lasciandole la sua confusione. Avevo previsto tutto cio? No.
Voi siete stupiti, ma anch’io lo
sono. Ieri ero un saltimbanco, oggi sono un lord. Giochi profondi. Di chi?
Dell’ignoto. Tutti dobbiamo tremare. Mylords, l’azzurro è tutto dalla vostra
parte. Di questo immenso universo voi non conoscete che la festa; sappiate che
c’è anche l’ombra.
Per voi io sono lord Fermain
Clancharlie, ma il mio vero nome è un nome da povero, Gwynplaine. Io sono un
miserabile creato con la stoffa dei grandi per il capriccio di un re. Ecco la
mia storia. Molti di voi hanno conosciuto mio padre, ma io no. Egli vi
appartiene per quanto c’era in lui di feudale, io condivido il suo essere
proscritto.
Ciò che Dio ha fatto è giusto. Sono
stato gettato nell’abisso. Per quale scopo? Perché ne vedessi il fondo. Io sono
un sommozzatore che riporta la perla, la verità . Parlo perché conosco. Voi mi
capirete, mylords. Io ho provato. Ho visto. La sofferenza, no, non è una
parola, signori felici. La povertà , io vi sono cresciuto; l’inverno, mi ha
fatto battere i denti; la fame, ne ho conosciuto il sapore; il disprezzo, l’ho
subito; la peste, l’ho avuta; la vergogna, l’ho bevuta.
E la rivomiterò davanti a voi, e
questo vomito d’ogni miseria infangherà i vostri piedi, e arderà . Ho esitato
prima di lasciarmi condurre al posto dove sono, perché altrove ho altri doveri.
E il mio cuore non è qui. Ciò che ho provato non vi riguarda; quando l’uomo che
voi chiamate l’usciere dalla verga nera è venuto a cercarmi da parte della
donna che voi chiamate regina, per un istante ho pensato di rifiutare.
Ma è stato come se l’oscura mano di
Dio mi spingesse da questa parte, e io ho obbedito. Ho sentito che era
necessario che venissi tra voi. Perché? Per i miei stracci di ieri. Dio mi
aveva mescolato agli affamati perché prendessi la parola tra i sazi. Oh!
Abbiate pietà ! Oh! Voi non conoscete il mondo fatale in cui credete di vivere;
siete così in alto, da esserne fuori; vi dirò io come è fatto.
Non mi manca l’esperienza. Io vengo
da dove si sopporta la pressione. Posso dirvi quanto pesate. Voi che siete i
padroni, lo sapete? Vedete quello che fate? No. Ah! È terribile. Una notte, una
notte di tempesta, piccolissimo, abbandonato, orfano, solo nell’immensità della
creazione, io ho fatto il mio ingresso in quella oscurità che chiamate società
. La prima cosa che ho visto è la legge, sotto le forme di una forca; la
seconda è la ricchezza, la vostra ricchezza, sotto le forme di una donna morta
di freddo e di fame; la terza è l’avvenire, sotto forma di un bambino che
agonizzava; la quarta è stata la bontà , il vero e il giusto, sotto le
sembianze di un vagabondo che aveva come compagno e come amico solo un lupo».
….
«Dunque», gridò, «voi insultate la
miseria. Pari d’Inghilterra, silenzio! Giudici, ascoltate l’arringa. Oh! Vi
scongiuro, abbiate pietà ! Pietà per chi? Pietà per voi. Chi si trova in
pericolo? Voi. Non vedete che siete su una bilancia e che su un piatto c’è il
vostro potere, e sull’altro la vostra responsabilità ? È Dio che vi pesa.
Oh! Non ridete. Riflettete.
L’oscillazione della bilancia divina è il tremito della coscienza. Voi non
siete malvagi. Voi siete uomini come gli altri, né migliori, né peggiori. Vi
credete degli dei, ma se un giorno vi ammalerete, vedrete la vostra divinità
rabbrividire dalla febbre. Tutti noi ci equivaliamo. Io mi rivolgo agli spiriti
onesti, ce ne sono anche qui; mi rivolgo alle intelligenze superiori, ce ne
sono; mi rivolgo alle anime generose, anche di queste ce n’è.
Voi siete padri, figli e fratelli,
dunque spesso provate la tenerezza. Chi tra voi, questa mattina, ha guardato il
risveglio del proprio figlioletto, è buono. Tutti i cuori sono uguali.
L’umanità non è che un cuore. La differenza tra gli oppressori e gli oppressi
risiede nel luogo dove si trovano. I vostri piedi calpestano teste, non per
colpa vostra. È colpa della Babele sociale. Una costruzione mancata, tutta a
strapiombo. Un piano schiaccia l’altro.
Ascoltatemi, devo parlarvi. Oh! Siete
potenti, siate fraterni; siete grandi, siate dolci. Se sapeste quello che ho
visto! Ahimè! Che tormento c’è in basso! Il genere umano è in prigione. Quanti
dannati, che sono innocenti! Manca la luce, manca l’aria, manca la virtù; non
c’è speranza; e, cosa terribile, c’è attesa.
Prendete atto di queste difficoltà .
Ci sono creature che vivono nella morte. Ci sono bambine che iniziano a otto
anni con la prostituzione e finiscono a venti con la vecchiaia. La severità
della legge è poi spaventosa, parlo un po’ a caso, non seguo un ordine. Dico
ciò che mi suggerisce la coscienza.
Non più tardi di ieri, io, quello che
ora vedete qui, ho assistito alla morte per tortura di un uomo incatenato e
nudo, che aveva delle pietre sul ventre. Lo sapete? No. Se sapeste quello che
accade, nessuno di voi oserebbe essere felice. Chi è mai andato a
Newcastle-on-Tyne? Ci sono uomini nelle miniere che masticano il carbone per
riempirsi lo stomaco e ingannare la fame.
Prendete Ribblechester, nella contea
di Lancastre, che a forza di miseria da città è diventata villaggio. Io non
trovo che il principe Giorgio di Danimarca abbia bisogno di centomila guinee in
più. Preferirei accogliere negli ospedali i malati poveri senza far loro pagare
in anticipo la sepoltura. Nel Caërnarvon, a Traith-maur come a Traith-bichan,
lo sfinimento dei poveri è orribile. A Strafford, per mancanza di denaro, non
si possono prosciugare le paludi. In tutto il Lancshire le fabbriche tessili sono
chiuse. Disoccupazione dovunque. Sapete che i pescatori d’aringhe di Harlech
quando manca la pesca mangiano l’erba? Sapete che a Burton-Lazers ci sono
ancora dei lebbrosi braccati, ai quali si spara se escono dalle loro tane? A
Ailesbury, città di cui uno di voi è lord, c’è carestia in permanenza. A
Penckridge, nel Coventry, di cui avete appena dotato la cattedrale e arricchito
il vescovo, non ci sono letti nelle capanne, e si scavano delle buche nella
terra per farvi dormire i bambini piccoli, così che, invece di iniziare dalla
culla, essi iniziano dalla tomba.
Io ho visto queste cose. Mylords,
sapete chi paga le imposte che voi votate? I moribondi. Ahimè! Voi vi
sbagliate. Siete sulla strada sbagliata. Per accrescere la ricchezza del ricco,
voi aumentate la povertà del povero. Bisognerebbe fare il contrario. Come,
prendere a chi lavora per dare a chi ozia, prendere allo straccione per dare a
chi è sazio, prendere al miserabile per dare al principe!
Oh! Sì, nelle mie vene c’è del
vecchio sangue repubblicano. Tutto ciò mi fa orrore. Questi re li detesto! E
che donne sfrontate! Mi hanno raccontato una triste storia. Oh! Odio Carlo II!
Una donna amata da mio padre, mentre egli moriva in esilio, si è data a quel
re, come una prostituta!
Carlo II, Giacomo II; dopo un buono a
nulla, uno scellerato! Cosa c’è in un re? Un uomo, un essere debole e meschino,
soggetto ai bisogni e alle malattie. A cosa serve un re? Voi rimpinzate questa
regalità parassita. Di un lombrico fate un boa. Fate diventare drago una tenia.
Grazia per i poveri!
Voi appesantite l’imposta a profitto
del trono. Fate attenzione alle leggi che decretate. Fate attenzione al
formicolio doloroso che disperdete. Abbassate lo sguardo. Guardate ai vostri
piedi. O grandi, ci sono anche i piccoli! Abbiate pietà . Sì! Pietà per voi!
Perché le moltitudini agonizzano, ma quando ciò che sta in basso muore, muore
anche ciò che sta in alto. La morte è un venir meno che non risparmia alcun
membro. Quando giunge la notte, non c’è luce per nessuno. Siete forse egoisti?
Salvate gli altri. Se la nave affonda nessun passeggero può restare
indifferente. Non c’è naufragio per alcuni senza che gli altri vengano
inghiottiti. Oh! Sappiatelo, l’abisso ci attende tutti».
…
«Cosa ci faccio? Io sono terribile.
Io sono un mostro, dite voi. No, io sono il popolo. Io sono un’eccezione? No,
io sono come tutti. Voi, siete l’eccezione. Voi siete la chimera, io sono la
realtà . Io sono l’Uomo. Io sono lo spaventoso Uomo che Ride. Di cosa ride? Di
voi. Di sé. Di tutto. Che cos’è il suo riso? Il vostro delitto e il suo
supplizio. Il delitto ve lo getta in faccia; il supplizio ve lo sputa in viso.
Io rido, ciò vuol dire: Io piango».
Si fermò. Si fece silenzio. Le risate
continuavano, ma sottovoce. Egli poté credere a un certo ritorno d’attenzione.
Respirò, e proseguì:
«Il riso che porto in volto, ce l’ha
messo un re. Questo riso esprime la desolazione dell’universo. Questo riso vuol
dire odio, silenzio forzato, rabbia, disperazione. Questo riso è il frutto
delle torture. Questo è il riso della violenza. Se Satana ridesse in questo
modo, il suo riso condannerebbe Dio.
Ma l’eterno non ha nulla in comune
con la caducità ; in quanto assoluto, è giustizia; Dio odia ciò che fanno i re.
Ah! Voi mi prendete per un’eccezione! Io sono un simbolo. O stupidi
onnipotenti, aprite gli occhi. Io incarno tutto. Io rappresento l’umanità così
come l’hanno fatta i suoi padroni.
L’uomo è mutilato. Quello che mi
hanno fatto, l’hanno fatto al genere umano. Gli hanno deformato il diritto, la
giustizia, la verità , la ragione, l’intelligenza, come a me gli occhi, le
narici e le orecchie; come a me, gli hanno messo nel cuore una cloaca di
collera e di dolore, e sulla faccia una maschera di contentezza.
Dove si era posato il dito di Dio, si
è appoggiato l’artiglio del re. Mostruosa sovrapposizione. Vescovi, pari e
principi, il popolo è quella profonda sofferenza che mostra una superficie
sorridente. Mylords, vi dico che il popolo sono io. Oggi voi l’opprimete, oggi
mi schernite. Ma l’avvenire è un tetro disgelo. Ciò che era pietra diventa
flutto. L’apparente solidità viene sommersa. Uno scricchiolio, ecco tutto.
Verrà il momento in cui una convulsione spezzerà la vostra oppressione, e ai
vostri scherni risponderà un ruggito.
Questo momento è già venuto - tu
c’eri, padre mio! - quell’ora divina è venuta, e si è chiamata Repubblica, è
stata cacciata, ritornerà . Nell’attesa, ricordatevi dell’ascia di Cromwell che
ha interrotto la serie dei re armati di spada. Tremate. Si avvicinano soluzioni
incorruttibili, le unghie tagliate ricrescono, le lingue strappate volano via e
diventano lingue di fuoco sparse nel vento delle tenebre, e urlano
nell’infinito, quelli che hanno fame mostrano i loro denti a riposo, vacillano
i paradisi costruiti sugli inferni, si soffre, si soffre, si soffre, e ciò che
sta in alto si china, ciò che sta in basso si schiude, l’ombra vuole diventare
luce, il dannato mette in discussione l’eletto, è il popolo che viene, vi dico,
è l’uomo che sale, è l’inizio della fine, è la rossa aurora della catastrofe,
ecco cosa c’è in questa risata che vi fa ridere! Londra è una festa perpetua.
Bene. L’Inghilterra, da un capo all’altro, è tutta un’acclamazione.
Sì. Ma ascoltate: Tutto cio che
vedete, sono io. Le vostre feste, è la mia risata. I divertimenti pubblici, è
la mia risata. Matrimoni, consacrazioni, incoronazioni, è la mia risata. Le
nascite dei principi, è la mia risata. Il tuono che vi sta sulla testa, è la
mia risata».
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