mercoledì 31 dicembre 2025

 Victor Hugo



Da “L’uomo che ride”

 

Il discorso di Gwynplaine

 

«Io sono colui che viene dalle profondità . Mylords, voi siete i grandi e i ricchi. È pericoloso. Voi approfittate della notte. Ma state attenti, c’è una grande potenza, l’aurora. L’alba non può essere vinta. Arriverà . Sta già venendo. Essa ha in sé il getto irresistibile della luce. Chi impedirà a questa fionda di lanciare il sole nel cielo? Il sole, cioè il diritto. Ma voi, voi siete il privilegio. Abbiate paura. Il vero padrone di casa sta per bussare alla porta. Chi è il padre del privilegio? Il caso. E chi è suo figlio? L’abuso. Né il caso né l’abuso sono solidi.

Un brutto futuro li aspetta entrambi. Io voglio avvertirvi. Denuncio davanti a voi la vostra felicità . È fatta con l’infelicità degli altri. Voi avete tutto, ma questo tutto è composto del nulla degli altri. Mylords, io sono l’avvocato senza speranza, io difendo una causa persa. Questa causa sarà Dio a vincerla. Io non sono niente, sono solo una voce.

Il genere umano è una bocca di cui io sono il grido. Voi mi ascolterete. Io voglio aprire davanti a voi, pari d’Inghilterra, le grandi assisi del popolo, questo sovrano che è vittima, questo condannato che è il giudice. Ciò che devo dire mi schiaccia. Da dove inizierò? Non so. Ho raccolto la mia interminabile arringa sparsa nel vasto caos delle sofferenze. Che fare ora? Essa mi opprime, e io la riverso davanti a me, lasciandole la sua confusione. Avevo previsto tutto cio? No.

Voi siete stupiti, ma anch’io lo sono. Ieri ero un saltimbanco, oggi sono un lord. Giochi profondi. Di chi? Dell’ignoto. Tutti dobbiamo tremare. Mylords, l’azzurro è tutto dalla vostra parte. Di questo immenso universo voi non conoscete che la festa; sappiate che c’è anche l’ombra.

Per voi io sono lord Fermain Clancharlie, ma il mio vero nome è un nome da povero, Gwynplaine. Io sono un miserabile creato con la stoffa dei grandi per il capriccio di un re. Ecco la mia storia. Molti di voi hanno conosciuto mio padre, ma io no. Egli vi appartiene per quanto c’era in lui di feudale, io condivido il suo essere proscritto.

Ciò che Dio ha fatto è giusto. Sono stato gettato nell’abisso. Per quale scopo? Perché ne vedessi il fondo. Io sono un sommozzatore che riporta la perla, la verità . Parlo perché conosco. Voi mi capirete, mylords. Io ho provato. Ho visto. La sofferenza, no, non è una parola, signori felici. La povertà , io vi sono cresciuto; l’inverno, mi ha fatto battere i denti; la fame, ne ho conosciuto il sapore; il disprezzo, l’ho subito; la peste, l’ho avuta; la vergogna, l’ho bevuta.

E la rivomiterò davanti a voi, e questo vomito d’ogni miseria infangherà i vostri piedi, e arderà . Ho esitato prima di lasciarmi condurre al posto dove sono, perché altrove ho altri doveri. E il mio cuore non è qui. Ciò che ho provato non vi riguarda; quando l’uomo che voi chiamate l’usciere dalla verga nera è venuto a cercarmi da parte della donna che voi chiamate regina, per un istante ho pensato di rifiutare.

Ma è stato come se l’oscura mano di Dio mi spingesse da questa parte, e io ho obbedito. Ho sentito che era necessario che venissi tra voi. Perché? Per i miei stracci di ieri. Dio mi aveva mescolato agli affamati perché prendessi la parola tra i sazi. Oh! Abbiate pietà ! Oh! Voi non conoscete il mondo fatale in cui credete di vivere; siete così in alto, da esserne fuori; vi dirò io come è fatto.

Non mi manca l’esperienza. Io vengo da dove si sopporta la pressione. Posso dirvi quanto pesate. Voi che siete i padroni, lo sapete? Vedete quello che fate? No. Ah! È terribile. Una notte, una notte di tempesta, piccolissimo, abbandonato, orfano, solo nell’immensità della creazione, io ho fatto il mio ingresso in quella oscurità che chiamate società . La prima cosa che ho visto è la legge, sotto le forme di una forca; la seconda è la ricchezza, la vostra ricchezza, sotto le forme di una donna morta di freddo e di fame; la terza è l’avvenire, sotto forma di un bambino che agonizzava; la quarta è stata la bontà , il vero e il giusto, sotto le sembianze di un vagabondo che aveva come compagno e come amico solo un lupo».

….

«Dunque», gridò, «voi insultate la miseria. Pari d’Inghilterra, silenzio! Giudici, ascoltate l’arringa. Oh! Vi scongiuro, abbiate pietà ! Pietà per chi? Pietà per voi. Chi si trova in pericolo? Voi. Non vedete che siete su una bilancia e che su un piatto c’è il vostro potere, e sull’altro la vostra responsabilità ? È Dio che vi pesa.

Oh! Non ridete. Riflettete. L’oscillazione della bilancia divina è il tremito della coscienza. Voi non siete malvagi. Voi siete uomini come gli altri, né migliori, né peggiori. Vi credete degli dei, ma se un giorno vi ammalerete, vedrete la vostra divinità rabbrividire dalla febbre. Tutti noi ci equivaliamo. Io mi rivolgo agli spiriti onesti, ce ne sono anche qui; mi rivolgo alle intelligenze superiori, ce ne sono; mi rivolgo alle anime generose, anche di queste ce n’è.

Voi siete padri, figli e fratelli, dunque spesso provate la tenerezza. Chi tra voi, questa mattina, ha guardato il risveglio del proprio figlioletto, è buono. Tutti i cuori sono uguali. L’umanità non è che un cuore. La differenza tra gli oppressori e gli oppressi risiede nel luogo dove si trovano. I vostri piedi calpestano teste, non per colpa vostra. È colpa della Babele sociale. Una costruzione mancata, tutta a strapiombo. Un piano schiaccia l’altro.

Ascoltatemi, devo parlarvi. Oh! Siete potenti, siate fraterni; siete grandi, siate dolci. Se sapeste quello che ho visto! Ahimè! Che tormento c’è in basso! Il genere umano è in prigione. Quanti dannati, che sono innocenti! Manca la luce, manca l’aria, manca la virtù; non c’è speranza; e, cosa terribile, c’è attesa.

Prendete atto di queste difficoltà . Ci sono creature che vivono nella morte. Ci sono bambine che iniziano a otto anni con la prostituzione e finiscono a venti con la vecchiaia. La severità della legge è poi spaventosa, parlo un po’ a caso, non seguo un ordine. Dico ciò che mi suggerisce la coscienza.

Non più tardi di ieri, io, quello che ora vedete qui, ho assistito alla morte per tortura di un uomo incatenato e nudo, che aveva delle pietre sul ventre. Lo sapete? No. Se sapeste quello che accade, nessuno di voi oserebbe essere felice. Chi è mai andato a Newcastle-on-Tyne? Ci sono uomini nelle miniere che masticano il carbone per riempirsi lo stomaco e ingannare la fame.

Prendete Ribblechester, nella contea di Lancastre, che a forza di miseria da città è diventata villaggio. Io non trovo che il principe Giorgio di Danimarca abbia bisogno di centomila guinee in più. Preferirei accogliere negli ospedali i malati poveri senza far loro pagare in anticipo la sepoltura. Nel Caërnarvon, a Traith-maur come a Traith-bichan, lo sfinimento dei poveri è orribile. A Strafford, per mancanza di denaro, non si possono prosciugare le paludi. In tutto il Lancshire le fabbriche tessili sono chiuse. Disoccupazione dovunque. Sapete che i pescatori d’aringhe di Harlech quando manca la pesca mangiano l’erba? Sapete che a Burton-Lazers ci sono ancora dei lebbrosi braccati, ai quali si spara se escono dalle loro tane? A Ailesbury, città di cui uno di voi è lord, c’è carestia in permanenza. A Penckridge, nel Coventry, di cui avete appena dotato la cattedrale e arricchito il vescovo, non ci sono letti nelle capanne, e si scavano delle buche nella terra per farvi dormire i bambini piccoli, così che, invece di iniziare dalla culla, essi iniziano dalla tomba.

Io ho visto queste cose. Mylords, sapete chi paga le imposte che voi votate? I moribondi. Ahimè! Voi vi sbagliate. Siete sulla strada sbagliata. Per accrescere la ricchezza del ricco, voi aumentate la povertà del povero. Bisognerebbe fare il contrario. Come, prendere a chi lavora per dare a chi ozia, prendere allo straccione per dare a chi è sazio, prendere al miserabile per dare al principe!

Oh! Sì, nelle mie vene c’è del vecchio sangue repubblicano. Tutto ciò mi fa orrore. Questi re li detesto! E che donne sfrontate! Mi hanno raccontato una triste storia. Oh! Odio Carlo II! Una donna amata da mio padre, mentre egli moriva in esilio, si è data a quel re, come una prostituta!

Carlo II, Giacomo II; dopo un buono a nulla, uno scellerato! Cosa c’è in un re? Un uomo, un essere debole e meschino, soggetto ai bisogni e alle malattie. A cosa serve un re? Voi rimpinzate questa regalità parassita. Di un lombrico fate un boa. Fate diventare drago una tenia. Grazia per i poveri!

Voi appesantite l’imposta a profitto del trono. Fate attenzione alle leggi che decretate. Fate attenzione al formicolio doloroso che disperdete. Abbassate lo sguardo. Guardate ai vostri piedi. O grandi, ci sono anche i piccoli! Abbiate pietà . Sì! Pietà per voi! Perché le moltitudini agonizzano, ma quando ciò che sta in basso muore, muore anche ciò che sta in alto. La morte è un venir meno che non risparmia alcun membro. Quando giunge la notte, non c’è luce per nessuno. Siete forse egoisti? Salvate gli altri. Se la nave affonda nessun passeggero può restare indifferente. Non c’è naufragio per alcuni senza che gli altri vengano inghiottiti. Oh! Sappiatelo, l’abisso ci attende tutti».

«Cosa ci faccio? Io sono terribile. Io sono un mostro, dite voi. No, io sono il popolo. Io sono un’eccezione? No, io sono come tutti. Voi, siete l’eccezione. Voi siete la chimera, io sono la realtà . Io sono l’Uomo. Io sono lo spaventoso Uomo che Ride. Di cosa ride? Di voi. Di sé. Di tutto. Che cos’è il suo riso? Il vostro delitto e il suo supplizio. Il delitto ve lo getta in faccia; il supplizio ve lo sputa in viso. Io rido, ciò vuol dire: Io piango».

Si fermò. Si fece silenzio. Le risate continuavano, ma sottovoce. Egli poté credere a un certo ritorno d’attenzione. Respirò, e proseguì:

«Il riso che porto in volto, ce l’ha messo un re. Questo riso esprime la desolazione dell’universo. Questo riso vuol dire odio, silenzio forzato, rabbia, disperazione. Questo riso è il frutto delle torture. Questo è il riso della violenza. Se Satana ridesse in questo modo, il suo riso condannerebbe Dio.

Ma l’eterno non ha nulla in comune con la caducità ; in quanto assoluto, è giustizia; Dio odia ciò che fanno i re. Ah! Voi mi prendete per un’eccezione! Io sono un simbolo. O stupidi onnipotenti, aprite gli occhi. Io incarno tutto. Io rappresento l’umanità così come l’hanno fatta i suoi padroni.

L’uomo è mutilato. Quello che mi hanno fatto, l’hanno fatto al genere umano. Gli hanno deformato il diritto, la giustizia, la verità , la ragione, l’intelligenza, come a me gli occhi, le narici e le orecchie; come a me, gli hanno messo nel cuore una cloaca di collera e di dolore, e sulla faccia una maschera di contentezza.

Dove si era posato il dito di Dio, si è appoggiato l’artiglio del re. Mostruosa sovrapposizione. Vescovi, pari e principi, il popolo è quella profonda sofferenza che mostra una superficie sorridente. Mylords, vi dico che il popolo sono io. Oggi voi l’opprimete, oggi mi schernite. Ma l’avvenire è un tetro disgelo. Ciò che era pietra diventa flutto. L’apparente solidità viene sommersa. Uno scricchiolio, ecco tutto. Verrà il momento in cui una convulsione spezzerà la vostra oppressione, e ai vostri scherni risponderà un ruggito.

Questo momento è già venuto - tu c’eri, padre mio! - quell’ora divina è venuta, e si è chiamata Repubblica, è stata cacciata, ritornerà . Nell’attesa, ricordatevi dell’ascia di Cromwell che ha interrotto la serie dei re armati di spada. Tremate. Si avvicinano soluzioni incorruttibili, le unghie tagliate ricrescono, le lingue strappate volano via e diventano lingue di fuoco sparse nel vento delle tenebre, e urlano nell’infinito, quelli che hanno fame mostrano i loro denti a riposo, vacillano i paradisi costruiti sugli inferni, si soffre, si soffre, si soffre, e ciò che sta in alto si china, ciò che sta in basso si schiude, l’ombra vuole diventare luce, il dannato mette in discussione l’eletto, è il popolo che viene, vi dico, è l’uomo che sale, è l’inizio della fine, è la rossa aurora della catastrofe, ecco cosa c’è in questa risata che vi fa ridere! Londra è una festa perpetua. Bene. L’Inghilterra, da un capo all’altro, è tutta un’acclamazione.

Sì. Ma ascoltate: Tutto cio che vedete, sono io. Le vostre feste, è la mia risata. I divertimenti pubblici, è la mia risata. Matrimoni, consacrazioni, incoronazioni, è la mia risata. Le nascite dei principi, è la mia risata. Il tuono che vi sta sulla testa, è la mia risata».


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