domenica 12 febbraio 2017

Da "L'arte d'insultare" di Arthur Schopenhauer




Il cristianesimo, per come tratta gli animali


Un altro errore fondamentale assolutamente

inspiegabile del cristianesimo ... è il fatto

che esso, contro natura, ha staccato l'essere

umano dal mondo degli animali, al quale appartiene

per essenza, dando valore esclusivamente

all'uomo e considerando gli animali

addirittura come cose ... 

I1 suddetto errore fondamentale è la conseguenza della

creazione dal nulla, secondo la quale il creatore

(capp. 1 e 9 del Genesi) consegna all'uomo

affinché li domini, cioè faccia su di

loro quello che vuole, tutti gli animali, come

se fossero cose e senza nessuna raccomandazione

di trattarli bene, come fa perfino un

venditore di cani quando si separa dai suoi

cuccioli; poi, nel secondo capitolo, il creatore

eleva l'uomo al posto di primo professore

di zoologia, dandogli l'incarico di scegliere i

nomi che essi avrebbero dovuto portare per sempre; 

questo, daccapo, non è che un simbolo

della loro completa dipendenza dall'uomo,

vale a dire della loro privazione di

ogni diritto.


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Dio


Se un dio ha fatto questo mondo, non vorrei


essere quel dio: la miseria del mondo mi


spezzerebbe il cuore.


Nella filosofia moderna Dio è quello che erano


gli ultimi re franchi tra i majores domus,


un nome vuoto che si mantiene per poter vivere


in modo più comodo e senza contestazioni.


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L'individuo

La natura parla così: L'individuo non è nulla
e meno di nulla. Ogni giorno distruggo milioni
di individui per gioco e per passatempo:
abbandono la loro sorte nelle mani del più
lunatico e capriccioso dei miei figli, il caso,
che dà loro la caccia a suo piacimento. Do vita
ogni giorno a milioni di nuovi individui
senza minimamente indebolire la mia forza
creativa, così come la forza di uno specchio
non si esaurisce per il numero di immagini
del sole che, una dopo l'altra, esso riflette sulla
parete. L'individuo non è nulla.

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L'inferno

Preso sensu proprio il dogma diventa rivoltante.
Esso, infatti, prevedendo le eterne torture
dell'inferno, fa scontare con pene senza fine
qualche fallo o persino la mancanza di
fede di una vita che spesso non giunge neppure
a vent'anni; in più vi è il fatto che questa
dannazione quasi universale è in realtà la
conseguenza del peccato originale e quindi
il risultato inevitabile della prima caduta dell'uomo.
Ma questa caduta avrebbe dovuto,
in ogni caso, essere prevista da colui che in
primo luogo non ha creato gli uomini migliori
di quello che sono, e poi ha loro apprestato
un tranello, pur sapendo che vi sarebbero
caduti, poiché tutto era opera sua
e nulla gli rimane nascosto. 
Secondo questo
dogma egli avrebbe chiamato dal nulla all'esistenza
un genere umano debole e soggetto
al peccato per poi condannarlo a torture senza
fine. 
Inoltre c'è da aggiungere che il Dio
che prescrive l'indUlgenza e il perdono di ogni colpa fino a giungere all'amore per i
nemici non manifesta simili sentimenti, bensì
cade in sentimenti opposti; perché un castigo
che subentra alla fine delle cose, quando
tutto è passato e concluso, non può avere
per scopo né il miglioramento né l'intimorimento:
è, dunque, soltanto vendetta. Visto
così, sembra persino che l'intero genere umano
sia stato in realtà destinato e creato
apposta per l'eterna tortura e dannazione -
tranne quelle poche eccezioni che, non si sa
perché, sono state salvate mediante la predestinazione,
per grazia di Dio. 
A parte queste
eccezioni, risulta come se il buon Dio avesse
creato il mondo affinché il diavolo se
lo pigliasse; onde egli avrebbe fatto assai meglio
se vi avesse rinunciato.

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Questo mondo
Questo mondo dovrebbe averlo fatto un Dio?
No, piuttosto un demonio.
Aristotele ha scritto: La natura non è divina,
ma demoniaca 
[De divinatione per somnum, 2, 463 a 14-15]. 
Noi potremmo tradurre:
"L'inferno è il mondo ".
Se si volesse condurre il più impenitente ottimista
per gli ospedali, i lazzaretti e le camere
di martirio chirurgiche, per le carceri,
le stanze di tortura e le stalle degli schiavi,
sui campi di battaglia e nei tribunali, e aprirgli
poi tutti i tetri alloggi della miseria, dove
essa si rincantuccia per sfuggire agli sguardi
della fredda curiosità, e alla fine fargli dare
un'occhiata nella torre della fame di Ugolino,
anch'egli finirebbe sicuramente col capire
di che specie sia questo meilleur des mondes
possibles.

I1 nostro è il peggiore dei mondi possibili.

Dovunque nel mondo non vi è molto da ricavare:
bisogno e dolore lo riempiono, e coloro
che sono riusciti a sfuggire a questi sono attesi,
a ogni angolo, dalla noia in agguato.
Nel mondo di regola domina la malvagità, e
la stoltezza ha la parola decisiva.
Per avere sempre a portata di mano una bussola
sicura che orienti nella vita, per considerare
la vita senza mai confondersi, e sempre
nella sua giusta luce, niente è più opportuno
che abituarsi a pensare questo mondo come
un luogo di espiazione, per così dire un istituto
di pena, a penal colony - un ἐργαστήριον,
come già lo chiamavano i filosofi più antichi
(secondo Clemente Alessandrino) ... Tra i
mali di un istituto di pena vi è anche quello
della compagnia che là s'incontra. Che compagnia
si trovi in questo mondo, lo saprà, anche
senza che glielo dica io, chi sia in qualche
modo degno di una migliore.
La regola a questo mondo è, dovunque, la
marmaglia.

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Il monoteismo

L'intolleranza è intrinseca soltanto all'essenza
del monoteismo: un dio unico è, per sua
natura, un dio geloso, che non tollera nessun
altro dio accanto a sé.


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Il nascere

La sola felicità è quella di non nascere.

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La natura

Natura è un'espressione corretta ma eufemistica:
con uguale diritto si potrebbe chiamarla
mortura.

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I nazionalisti

Ogni miserabile babbeo, che non abbia al
mondo nulla di cui poter essere orgoglioso,
si appiglia all'ultima risorsa per esserlo, cioè
alla nazione cui appartiene: in tal modo egli
si rinfranca ed è ora pieno di gratitudine e
pronto a difendere πυξ και λαξ [con le unghie
e con i denti] tutti i difetti e tutte le stoltezze
caratteristiche di quella nazione.

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L'ottimismo

Il genere umano è destinato dalla natura alla
miseria e al fallimento; poiché, quand'anche
l'ingiustizia e il bisogno fossero rimossi
dallo Stato e dalla storia, fino a far subentrare
una vita di cuccagna, gli uomini si accapiglierebbero
e si aggredirebbero l'un l'altro
per la noia, oppure il sovrappopolamento
provocherebbe la carestia e questa li sterminerebbe.

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La religione come pretesto

Nei secoli passati la religione era come una
foresta dietro la quale gli eserciti potevano
fermarsi e nascondersi ... Dopo tanti tagli di
alberi sono rimasti soltanto cespugli, dietro
ai quali ogni tanto si nascondono dei farabutti.
Occorre perciò stare in guardia contro
costoro, che vorrebbero tirarla in ballo
dappertutto, e respingerli col proverbio: Detràs
de la cruz està e1 diablo [Dietro la croce
c'è il diavolo].

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Gli schiavisti

Quei diavoli in sembianze umane, i padroni e
i trafficanti di schiavi nei liberi Stati dell'America
del Nord (che dovrebbero essere chiamati
"Stati degli schiavi"), sono di regola seguaci
ortodossi e devoti della Chiesa anglicana:
considererebbero un grave peccato lavorare
di domenica e, contando sulla loro osservanza,
sulla frequentazione assidua della
chiesa e sii altre cose del genere, sperano nella
propria salvezza eterna.

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La Sacra Scrittura

Non si può servire due padroni: o si serve la
ragione o la Scrittura ... 
Si tratta o di credere
o di filosofare.

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Gli uomini

Gli uomini sono come orologi che vengono
caricati e camminano senza sapere perché; e
ogni volta che viene concepito e generato un
uomo, l'orologio della vita umana viene caricato
di nuovo, per ripetere ancora, frase per
frase e battuta per battuta, con variazioni insignificanti,
la sua musica, suonata e risuonata
già innumerevoli volte.
Talora parlo con gli uomini come un fanciullo
parla con il suo pupazzo: questi sa bene che il pupazzo non lo capisce, ma si procura
con un piacevole, consapevole autoinganno
la gioia del comunicare.
I cosiddetti uomini, quasi senza eccezione,
non sono altro che brodino con un po' di arsenico.

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L'uomo, animale egoista

I1 movente primario e fondamentale, nell'uomo
come nell'animale, è l'egoismo, cioè l'impulso
a esistere e a star bene ... L'egoismo è,
per sua natura, infinito: l'uomo vuole con
servare incondizionatamente la sua esistenza,
vuole essere assolutamente libero dai dolori,
fra i quali include anche la mancanza e
la privazione, vuole la più grande somma di
benessere e vuole ogni piacere di cui sia capace,
cerca, anzi, di creare in se stesso, possibilmente,
nuove capacità di godere. Tutto ciò
che si oppone all'impeto del suo egoismo
eccita il suo sdegno, la sua ira, il suo odio:
egli cercherà di annientarlo come suo nemico.
Egli vuole, possibilmente, godere di tutto,
possedere tutto; ma poiché questo è impossibile,
vuole almeno dominare su ogni cosa:
Tutto per me, nulla per gli altri , è il suo
motto. L'egoismo è gigantesco e sovrasta l'universo.

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L'uomo, animale socievole

Un gruppo di porcospini, in una fredda giornata
d'inverno, si strinsero vicini vicini, per
proteggersi con il loro calore dal rimanere assiderati.
Ben presto, però, sentirono le spine
reciproche; il dolore li costrinse ad allontanarsi
di nuovo l'uno dall'altro. Quando poi il
bisogno di riscaldarsi li portò ancora a stare
insieme, si ripeté quell'altro malanno; di modo
che venivano sballottati avanti e indietro
fra due mali, finché non ebbero trovato una
moderata distanza reciproca, che rappresentava
per loro la posizione migliore. Così il
bisogno di società, che scaturisce dal vuoto
e dalla monotonia della propria interiorità,
spinge gli uomini l'uno verso l'altro; le loro
molteplici repellenti qualità e i loro insopportabili
difetti, però, li respingono di nuovo
l'uno lontano dall'altro. La distanza media,
che essi riescono finalmente a trovare e grazie
alla quale è possibile una coesistenza, sta
nella cortesia e nelle buone maniere. A colui
che non mantiene quella distanza in Inghilterra
si dice: keep your distance! Con essa il bisogno
del calore reciproco viene soddisfatto
in modo incompleto, in compenso però non
si soffre delle spine altrui. Ma chi possiede
molto calore interno preferisce rinunciare alla
società, per non dare né ricevere sensazioni
sgradevoli.

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La vita

La vita è come una bolla di sapone, che manteniamo
e soffiamo per quanto è possibile,
ma con la ferma certezza che scoppierà.

La vita oscilla, come un pendolo, tra il dolore
e la noia.
La vita è una continua lotta per l'esistenza,
con la certezza della sconfitta finale.
La vita è un mare pieno di scogli e di vortici,
che l'uomo evita con la massima cautela e
cura, benché sappia che, quand'anche riesca
con ogni sforzo e arte a scamparne, per
ciò stesso con ogni passo si avvicina, e anzi
punta direttamente sopra, al più grande, al
totale, all'inevitabile e irreparabile naufragio,
la morte: è questa la meta finale della faticosa
traversata e per lui peggiore di tutti gli
scogli cui sfuggì.
La vita di ogni individuo, se la si guarda nel
suo complesso mettendone in rilievo solo i
tratti più significativi, è in realtà sempre una
tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il
carattere della commedia.
La vita si presenta come un continuo inganno,
nel piccolo come nel grande.

La vita è il male. 

La vita è il velo che nasconde
l'essere; è il peso che trascina la volontà!

La vita è la caduta, è il grande peccato originale!
La vita dev'essere senz'altro considerata una
severa lezione che ci viene impartita, sebbene
noi, con le nostre forme di pensiero stabilite
a tutt'altro scopo, non riusciamo a capire
come possiamo essere giunti ad averne bisogno.


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