lunedì 2 gennaio 2017

Da "Delitto e castigo" di Fëdor Michailovic Dostoevskij: il dialogo tra dialogo tra Porfìrij Petròvic, Razumìchin (Dmitrij Prokof'evič Vrazumichin: ), Rodion Romanovič Raskol'nikov e Zamëtov


«Ecco, Rodiòn: sta' a sentire e dacci la tua opinione. La voglio. Ieri mi son fatto in quattro con loro, aspettandoti; avevo detto che saresti venuto... Eravamo partiti dalla concezione dei socialisti. È nota: il delitto è una protesta contro l'ingiustizia dell'ordinamento sociale, niente di più; non ci sono altre cause, e basta!...»
«Ed ecco che tu sei già fuori strada!» gridò Porfìrij Petròviè. Egli si andava visibilmenteanimando e non faceva che ridere, guardando Razumìchin, stuzzicandolo così ancora di più «N-non ci sono altre cause,» lo interruppe con foga Razumìchin, «e io non sono fuori strada!... Posso mostrarti i loro libri: per loro, tutto dipende dall'‹ambiente che corrompe›, e basta! È la loro frase preferita! Ne consegue direttamente che se si riorganizza la società, subito tutti i delitti scompariranno, perché non ci sarà più nulla contro cui protestare, e in un batter d'occhi tutti diventeranno probi. La natura non la prendono in considerazione, la natura viene cancellata, la natura non c'entra! Per loro non è l'umanità che, attraverso lo sviluppo storico, attraverso il cammino della vita, percorso sino in fondo, si trasformerà finalmente, da sola, in una società giusta; ma è il sistema sociale che, balzando fuori da chissà quale mente matematica, metterà subito ordine in tutta l'umanità, rendendola in quattro e quattr'otto proba e senza peccato, al di fuori di qualsiasi vitale processo storico! È per questo che, istintivamente, odiano tanto la storia: ‹Non ci sono in essa che mostruosità e stoltezze›; e tutto viene spiegato con la stoltezza. Per questo, anche, odiano tanto il vitale processo della vita: non c'è bisogno di un'anima viva! La vivente anima della vita ha delle esigenze; l'anima vivente non obbedisce alla meccanica, l'anima vivente è sospetta, l'anima vivente è retrograda! E se c'è puzzo di morto, uno se la può fare di caucciù; così, in compenso, non sarà vivente, sarà priva di volontà, sarà obbediente, non si ribellerà! Il risultato è che hanno ridotto tutto a una costruzione di mattoni, alla disposizione dei corridoi e delle stanze nel falansterio! Il falansterio è pronto, ma la natura non è ancora pronta per il falansterio; essa vuole la vita, non ha ancora completato il suo processo vitale, è troppo presto per il cimitero! Con la sola logica non si può scavalcare d'un salto la natura ! La logica può prevedere tre casi, mentre ce n'è un milione! Allora, si cancella questo milione e si riduce tutto a una semplice questione di comfort! Questa è la soluzione più facile! È di una chiarezza seducente, e non c'è bisogno di pensare! Soprattutto, non c'è bisogno di pensare! Tutto il mistero della vita trova posto in due fogli di stampa!»

«Ecco che ha preso il galoppo, e suona la grancassa! Bisogna tenerlo fermo per le braccia,» diceva Porfìrij ridendo. «Immaginatevi», e si volse verso Raskòlnikov, «che proprio così si gridava, ieri sera, in una sola stanza, a sei voci; e prima, per giunta, ci aveva fatto bere del punch: ve l'immaginate? No, mio caro, tu sbagli: l'‹ambiente› ha una grande importanza nei delitti; lo dico e lo ripeto.»
«Lo so anch'io che ha molta importanza, ma dimmi un po': se un quarantenne disonora una bimba di dieci anni, sarà stato l'ambiente a farglielo fare?» «Perché no? In senso rigoroso, forse, sarà stato proprio l'ambiente,» rispose Porfìrij con straordinaria gravità. «Un delitto così commesso contro una bambina lo si può spiegare bene, anzi benissimo, con 1'‹ambiente›.»
Razumìchin andò quasi in bestia.«Allora, se ci tieni, io ti dimostro subito,» prese ad urlare, «che tu hai le ciglia bianche soltanto perché il campanile d'Ivan il Grande è alto più di settanta metri, e te lo dimostro nella maniera più chiara, esatta e progressista, e perfino con una sfumatura di liberalismo. Mi prendo l'impegno! Vuoi scommettere?»……

«Siete davvero un tale commediante?» domandò Raskòlnikov in tono volutamente distratto. «Non l'avreste mai pensato, vero? Aspettate e infinocchierò anche voi, ah, ah, ah! Be', ora vi dirò tutta la verità. A proposito di tutta questa questione dei delitti, dell'ambiente, delle bambine, mi sono ricordato adesso - la cosa, del resto, mi ha sempre interessato - di un vostro articoletto. Del delitto... o come altro si chiamava, non ricordo più il titolo. Due mesi fa ho avuto il piacere di leggerlo nella Periodìèeskaja reè.» ……
«E voi come avete fatto a sapere che l'articolo è mio? Era firmato con le iniziali...» intervenne Raskòlnikov.
«Per caso, e soltanto pochi giorni fa. Per mezzo del direttore, che conosco... L'articolo mi aveva interessato molto.» 
«Per quel che mi ricordo, cercavo di analizzare le condizioni psicologiche del delinquente durante il compimento del delitto.»
«Sì, e sostenevate che esso è sempre accompagnato da uno stato di malattia. Molto, molto originale; tuttavia... non è questa parte del vostro articoletto che mi ha interessato, bensì un'idea che vien fuori alla fine, e che voi, purtroppo, avete sviluppato soltanto per allusioni, in modo non esplicito... In una parola, se ben ricordate, si allude al fatto che al mondo esistono certi individui i quali possono... cioè, non è che possano soltanto, ma hanno pieno diritto di compiere ogni specie di iniquità e di delitti, e la legge, per loro, è come se non fosse mai stata scritta.»
Raskòlnikov sorrise a quella voluta deformazione del suo pensiero.
«Come? Ma che dite? Diritto al delitto? Forse perché ‹l'ambiente corrompe›?» s'informo Razumìchin addirittura sgomento. 
«No, no, non proprio per questo,» rispose Porfìrij. «Nel suo articolo tutto sta nel fatto che gli uomini si dividono in ‹ordinari› e ‹straordinari›. Quelli ordinari devono vivere nell'obbedienza e non hanno diritto di violare la legge perché essi, vedete un po', sono appunto ordinari. Quelli straordinari, invece, hanno il diritto di compiere delitti d'ogni specie e di violare in tutti i modi la legge, per il semplice fatto d'essere straordinari. È questo che voi dite, se non mi sbaglio?»
«Come sarebbe? Non può essere!» borbottava Razumìchin interdetto. 
Raskòlnikov sorrise di nuovo. Aveva capito subito come stavano le cose e dove volevano portarlo; e ricordava il suo articolo. Decise di accettare la sfida.
«Quel che dice il mio articolo non è precisamente questo,» prese a dire in tono semplice e modesto. «D'altronde, riconosco che ne avete esposto il contenuto quasi fedelmente e perfino, se volete, del tutto fedelmente...» era come se gli facesse piacere ammettere quest'ultima possibilità. 
«L'unica differenza è che io non sostengo affatto che gli uomini straordinari debbano necessariamente o siano costretti a compiere iniquità d'ogni specie, come voi dite. Fra l'altro, credo che un articolo del genere non l'avrebbero nemmeno lasciato pubblicare. Io ho semplicemente formulato l'ipotesi che un uomo ‹straordinario› abbia il diritto... non un diritto ufficiale, beninteso...di permettere alla propria coscienza di scavalcare certi... certi ostacoli, e ciò esclusivamente nel caso in cui l'esecuzione di un suo progetto (talvolta, magari, salutare per l'intera umanità) lo richieda. Voi avete detto che il mio articolo è poco esplicito; sono pronto a chiarirvelo per quanto posso. Forse non sbaglio nel supporre che è appunto ciò che desiderate. Bene, ecco qua. Secondo me, se per un insieme di circostanze le scoperte di Keplero o di Newton non avessero potuto esser rese note agli uomini se non mediante il sacrificio della vita di una, dieci, cento o più persone, che a tali scoperte si fossero opposte o che, comunque, fossero state di ostacolo sul loro cammino, ebbene, essi avrebbero avuto il diritto, e perfino il dovere... di eliminare queste dieci o cento persone, per far conoscere le loro scoperte a tutta l'umanità. Da ciò, tuttavia, non deriva che Newton avesse il diritto di uccidere chiunque gli fosse saltato in mente di uccidere, a destra e a sinistra, o di rubare ogni giorno al mercato. Più avanti nel mio articolo, a quel che ricordo io formulo l'idea che tutti... be', diciamo, se non altro i legislatori e i fondatori della società umana, a partire dai più antichi sino ai vari Licurgo, Solone, Maometto, Napoleone e via discorrendo, tutti sino all'ultimo siano stati dei delinquenti, già per il semplice fatto che ponendo una nuova legge, per ciò stesso infrangevano la legge antica, venerata dalla società e trasmessa dai padri; inoltre, certamente non si arrestarono nemmeno dinanzi al sangue, quando il sangue (talora del tutto innocente, e valorosamente versato in difesa della legge antica) poté essere loro d'aiuto. Vale anzi la pena di osservare che la maggior parte di questi benefattori e fondatori della società umana furono dei terribili spargitori di sangue. Insomma, io dimostro che tutti gli uomini, e non solamente i grandi, ma anche quelli che escono sia pur di poco dalla comune carreggiata, che sono cioè, in qualche misura, capaci di dire qualcosa di nuovo, devono immancabilmente, per la loro stessa natura, essere (più o meno, s'intende) dei criminali. Altrimenti sarebbe loro difficile uscire dalla carreggiata, nella quale non possono acconsentire a rimanere non solo a causa della loro natura, ma anche, secondo me, per senso del dovere. In una parola, vedete da voi che sin qui non c'è davvero
nulla di particolarmente nuovo. Tutte cose già stampate e lette infinite volte. Quanto poi alla mia divisione degli uomini in ordinari e straordinari, devo ammettere che è un po' arbitraria: ma non è
che io insista su una delimitazione precisa. Mi limito a credere nella mia idea fondamentale; cioè appunto che gli uomini, per legge di natura, generalmente si dividono in due categorie: una inferiore che è quella degli uomini ordinari, cioè, per così dire, materiale che serve unicamente a procreare altri individui simili, e un'altra che è quella degli uomini veri e propri, i quali, cioè, hanno
il dono o il talento di dire, in seno al loro ambiente, una parola nuova. Esistono, si capisce, infinite sfumature, ma i tratti caratteristici delle due categorie sono abbastanza netti: la prima categoria, vale a dire il ‹materiale›, è composta in linea di massima da persone per loro natura conservatrici e per bene, che vivono nell'obbedienza e amano obbedire. Secondo me, costoro hanno anche il dovere di essere obbedienti, perché questo è il loro compito e non v'è in esso assolutamente nulla di umiliante per loro. Quelli della seconda categoria, invece, violano tutti la legge, sono dei distruttori, o per lo meno sono portati ad esserlo, a seconda delle loro attitudini. I delitti di questi uomini, naturalmente, sono relativi e assai disparati; per lo più essi chiedono, con le formule più svariate, la distruzione del presente in nome di qualcosa di meglio. Ma se a uno di loro occorre, per realizzare la sua idea, passare anche sopra un cadavere, sopra il sangue, secondo me egli, nel suo intimo, in coscienza, può permettersi di farlo: ciò, notate bene, a seconda anche dell'idea e della sua importanza. Ed è soltanto in questo senso che nel mio articolo io parlo di un loro diritto a delinquere. (Se ben ricordate, eravamo partiti da una questione giuridica.) Del resto, non è il caso di allarmarsi troppo: quasi mai la massa riconosce loro questo diritto, ma dal più al meno li fa giustiziare e impiccare, e con ciò  assolve in modo perfettamente giusto la propria missione conservatrice. Senonché, poi, nelle generazioni seguenti questa stessa massa colloca i giustiziati sul piedistallo e, dal più al meno, si inchina dmericamente, i secondi fanno avanzare il mondo e lo guidano verso la meta. Sia gli uni sia gli altri hanno uguale diritto ad esistere. Per farlavanti a loro. La prima categoria è signora del presente, la seconda dell'avvenire. I primi conservano il mondo e lo moltiplicano nua breve, per me tutti hanno pari diritto... e vive la guerre éternelle - fino alla Nuova Gerusalemme, s'intende!»
«Allora, nonostante tutto, credete nella Nuova Gerusalemme?»
«Ci credo,» rispose con fermezza Raskòlnikov.
 Nel dir ciò, come durante tutta la sua lunga tirata, aveva tenuto gli occhi fissi a terra, dopo aver scelto un punto del tappeto.
«E... e... voi credete in Dio?... Scusatemi se sono così curioso.»
«Ci credo,» ripetè Raskòlnikov, alzando gli occhi su Porfìrij. «E credete nella resurrezione di Lazzaro?» 
«Ci cre-e-do. Ma perché volete sapere tutto questo?»
«Ci credete alla lettera?»
«Alla lettera.»
«È così, dunque... Ero veramente curioso di saperlo. Scusatemi. Ma, permettete, tornando a quanto si diceva poco fa: non sempre finiscono giustiziati; alcuni, al contrario...»
«Trionfano da vivi?... Be', sì, alcuni raggiungono la meta ancora vivi, e allora...» 
«Cominciano loro stessi a giustiziare gli altri?»
«Se occorre, sì; anzi, forse nella maggior parte dei casi. La vostra osservazione è acuta.»
«Grazie. Ma ditemi ancora: come distinguere questi individui straordinari da quelli ordinari? Hanno forse qualche segno speciale fin dalla nascita? Lo chiedo perché mi sembra che ci vorrebbe, qui, un po' più di precisione, una maggiore differenziazione esplicita... Perdonate le mie naturali preoccupazioni di uomo pratico e benpensante, ma non si potrebbe introdurre, per esempio, un abbigliamento speciale, o qualcosa da portare addosso, un marchio o che so io?... Perché, dovete ammetterlo, se si verificasse qualche confusione e un individuo di una categoria immaginasse di appartenere a un'altra, e cominciasse a ‹scavalcare tutti gli ostacoli›, secondo la vostra felice espressione, allora voi capite che...»
«Oh, ma questo accade spessissimo! La vostra osservazione è persino più acuta della precedente...»
«Grazie...»
«Non c'è di che; ma tenete conto che un errore è possibile solo da parte degli appartenenti alla prima categoria, quella degli uomini ‹ordinari›, come - forse molto infelicemente - li ho chiamati. Nonostante la loro innata inclinazione all'obbedienza, a molti di loro, per una certa capricciosità della natura, che non è negata nemmeno a una mucca, piace immaginare d'essere degli uomini d'avanguardia, dei ‹distruttori›, e proclamare il ‹nuovo verbo›, e ciò in perfetta buonafede. Per contro, molto sovente essi stessi non si accorgono degli uomini nuovi, e perfino li disprezzano, considerandoli dei retrogradi, dei tipi che ragionano in maniera bassa. Tuttavia, secondo me, qui non si corre nessun particolare pericolo, e probabilmente non avete nulla di cui preoccuparvi, perché costoro non si spingono mai lontano. Per queste loro infatuazioni, certo, gli si può dare un paio di sculacciate di tanto in tanto per tenerli al loro posto, ma niente di più; e non c'è nemmeno bisogno di un esecutore: essi si sculacciano da soli, perché sono di ottima indole; alcuni si rendono questo servizio a vicenda, altri si sculacciano con le proprie mani... infliggendosi penitenze pubbliche di varia specie; cosa assai bella a vedersi e anche edificante... Insomma, non avete proprio di che preoccuparvi... una regola.»
«Be', per lo meno da questo lato mi avete abbastanza tranquillizzato. Però c'è un altro guaio: ditemi, per favore questi individui che hanno il diritto di tagliare la testa agli altri, questi uomini ‹straordinari›, sono numerosi? Io, certo, sono disposto a inchinarmi davanti a loro, ma dovete
ammettere che sarebbe allarmante se fossero molto numerosi, non vi pare?» «Oh, non dovete preoccuparvi nemmeno di questo,» seguitò Raskòlnikov nello stesso tono. 
«In generale, di individui che pensino in modo nuovo, anzi che siano appena appena capaci di dire qualcosa di nuovo, ne nascono pochissimi, non so per quale strana ragione. Di sicuro c'è solo che le proporzioni secondo le quali vengono procreati gli individui di tutte queste categorie e suddivisioni, devono essere stabilite con grande precisione e sicurezza da qualche legge della natura. Oggi come oggi questa legge, naturalmente, è sconosciuta, ma sono certo che esiste e che in seguito, forse, verremo a conoscerla. L'enorme massa degli uomini il ‹materiale›, esiste esclusivamente per riuscire alla fine, mediante qualche sforzo, qualche processo ancora misterioso, tramite qualche incrocio di specie e di razze, a mettere finalmente al mondo un uomo - uno solo su mille, magari - dotato di uno spirito indipendente. Mentre di uomini dotati di uno spirito indipendente in grado ancor più elevato ne nascono forse, uno su diecimila (parlo per approssimazione, si capisce). E in grado più elevato ancora, uno su centomila... Di uomini geniali, poi, ce n'è uno su tanti milioni; e di grandi geni, che sono il coronamento dell'umanità, ne nasce forse uno dopo che molte migliaia di milioni di uomini sono passati sulla terra. Insomma, nella grande matrice in cui tutto ciò avviene, io non ci ho guardato; ma c'è senz'altro una legge precisa; deve esserci; non può esser questione di semplice caso.»
«Ma voi due, forse, state scherzando?» intervenne finalmente Razumìchin. «Vi state facendo beffe l'uno dell'altro, oppure...? Ecco: se ne stanno lì seduti, e si prendono in giro a vicenda! O tu...parli sul serio, Ròdja?»
Raskòlnikov levò in silenzio su di lui il suo volto pallido e quasi triste, e non rispose nulla. E fece una strana impressione a Razumìchin, accanto a quel viso calmo e malinconico, la causticità palese, insistente, irritante e scortese di Porfìrij. «Be', mio caro, se parli sul serio, allora... Tu hai certo ragione dicendo che non sono novità, e che somigliano a cose che abbiamo letto e udito mille volte; ma di originale in tutto questo-e in effetti, con mio grande terrore, sei tu solo a farlo-è che tu risolvi secondo coscienza la questione del sangue, e per di più, scusami, sostieni tutto ciò con un certo fanatismo... E così, è questa l'idea fondamentale del tuo articolo? Questo risolvere secondo coscienza la questione del sangue è, secondo me, più terribile di un'autorizzazione ufficiale, legale, a versare il sangue...»
«Sì, giustissimo: più terribile,» fece eco Porfìrij.
«No, tu ti sei lasciato andare! Ci dev'essere un errore. Leggerò l'articolo... Ti sei lasciato trascinare! Non puoi pensarla così... Bisogna che io legga l'articolo.»

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