lunedì 9 gennaio 2017

I dialoghi con   Kirillov, da "I Demoni" di Fëdor Dostoevskij


«…io cerco soltanto le cause per cui gli uomini non osano uccidersi: ecco tutto. Ed anche questo non importa.»

«Come non osano? Ci sono forse pochi suicidi?»

«Pochissimi.»

«Possibile che pensiate così?»
Egli non rispose, si alzò e si mise a camminare su e giù pensieroso.

«Che cosa dunque, secondo voi, trattiene gli uomini dal suicidio?» domandai.

Mi guardò distrattamente, come se cercasse di ricordare di che cosa parlavamo.

«Io... io ancora so poco... due pregiudizi li trattengono, due cose, due soltanto: una molto piccola, e l'altra molto grande. Ma anche quella piccola
è molto grande.»

«E qual è quella piccola?»

«Il dolore.»
«Il dolore? È davvero tanto importante... in questo caso?»

«È la prima cosa. Ci sono due categorie: quelli che si uccidono per un gran dispiacere, o per rabbia, o sono pazzi, o qualcos'altro che è lo stesso... quelli lo fanno di colpo. Quelli pensano poco al dolore, ma lo fanno di colpo. Ma coloro che si uccidono a mente lucida, quelli ci pensano molto.»

«Ma ce ne sono che lo fanno a mente lucida?»

«Moltissimi. Se non ci fossero i pregiudizi ce ne sarebbero ancora di più, molti di più, tutti.»
«Tutti?»

Non rispose.

«Ma non ci sono forse dei mezzi per morire senza dolore?»

«Immaginate» egli disse fermandosi davanti a me, «immaginate una pietra della grandezza di una grossa casa; essa è sospesa e voi ci siete sotto: se vi cade addosso sulla testa vi fa male?»

«Una pietra grande come una casa? Certamente sarebbe terribile.»

«Io non parlo del terrore; vi fa male?»

«Una pietra grande come una montagna, un milione di pud?

Naturalmente nessun dolore.»

«Ma mettetevi sotto davvero e mentre pende avrete molta paura che vi faccia male. Il primo degli scienziati, il primo dei medici, tutti avranno molta paura. Tutti sapranno che non fa male ma tutti avranno paura che faccia male.»

«Bene, e l'altra causa, quella grande?»

«L'altro mondo!»

«Cioè il castigo?»

«Questo è indifferente. L'altro mondo, solo l'altro mondo.»

«Non vi sono forse degli atei, che non credono assolutamente nell'altro mondo?»

Egli di nuovo non rispose.

«Giudicate, forse, secondo voi stesso?»

«Ognuno non può giudicare che secondo se stesso» disse arrossendo.

«La piena libertà ci sarà allora, quando sarà indifferente vivere o non vivere. Ecco lo scopo di tutto.»

«Lo scopo? Ma allora forse nessuno vorrà più vivere?»

«Nessuno» rispose risolutamente.

«L'uomo ha paura della morte, perché ama la vita, ecco il mio parere» osservai, «e così ha ordinato la natura.»

«È vile e tutto l'inganno sta qui!» disse e gli scintillarono gli occhi.

«La vita è dolore, la vita è paura e l'uomo è infelice. Ora tutto è dolore e paura. Ora l'uomo ama la vita, perché ama il dolore e la vita. E così hanno fatto. La vita si concede oggi in cambio di dolore e paura e qui sta l'inganno. Oggi l'uomo non è ancora quell'uomo. Vi sarà l'uomo nuovo, felice, superbo. Colui al quale sarà indifferente vivere o non vivere, quello sarà l'uomo nuovo. Colui che vincerà il dolore e la paura, sarà lui Dio. E quell'altro Dio non ci sarà più.»

«Quindi l'altro Dio esiste secondo voi?»

«Non c'è, ma c'è. Nella pietra non c'è dolore, ma nella paura della pietra c'è dolore. Dio è il dolore della paura della morte. Chi vincerà il dolore e la paura, quello diventerà Dio. Allora ci sarà una nuova vita, allora ci sarà un uomo nuovo, tutto sarà nuovo... Allora divideranno la storia in due parti: dal gorilla fino alla distruzione di Dio e dalla distruzione di Dio fino...»

«Dal gorilla?»

«... fino alla trasformazione fisica della terra e dell'uomo. L'uomo sarà Dio e si trasformerà fisicamente. E il mondo si trasformerà e si trasformeranno le azioni e i pensieri e tutti i sentimenti. Che ne pensate, l'uomo si trasformerà allora fisicamente?»

«Se sarà indifferente vivere o non vivere, tutti si uccideranno, ed ecco in che cosa consisterà la trasformazione.»

«Questo non è importante. Uccideranno l'inganno. Chiunque voglia la libertà essenziale, deve avere il coraggio di uccidersi. Chi ha il coraggio di uccidersi, ha scoperto il segreto dell'inganno. Oltre non c'è libertà; tutto è qui e più in là non c'è nulla. Chi ha il coraggio di uccidersi, quello è Dio. Oggi ognuno può far sì che Dio non ci sia più e che non ci sia più nulla. Ma nessuno l'ha ancora fatto.»

«Ci sono stati milioni di suicidi.»

«Ma mai per questa ragione, sempre per paura e non per questo. Non per uccidere la paura. Chi si ucciderà solo per uccidere la paura, quello diventerà subito Dio.»

«Non ne avrà il tempo forse» osservai.

«Questo non importa» rispose con calma, con una fierezza tranquilla, quasi con disprezzo. «Mi dispiace, mi sembra che voi ridiate» aggiunse dopo mezzo minuto.

«E per me è strano che voi, poco fa così irascibile, ora siate così tranquillo, anche se parlate animatamente.»

«Prima? Prima era una cosa da ridere» rispose con un sorriso, «io non amo ingiuriare e non rido mai» soggiunse tristemente.

«Sì, non passate allegramente le vostre notti bevendo il tè» mi alzai e presi il berretto.

«Voi pensate?» disse, sorridendo un po' meravigliato. «Perché mai? No, io... io non so» si confuse all'improvviso, «non so come sia per gli altri e sento che non posso essere come tutti. Tutti ci pensano e subito dopo pensano ad altro. Io non posso pensare ad altro, è tutta la vita che penso a una cosa sola. Dio mi ha tormentato tutta la vita» concluse a un tratto con sorprendente espansività.


Da i Demoni di Sandro Bolchi 1972,Warner Bentivegna che interpreta Kirillov






****


«Amate i bambini?»

«Sì, li amo» rispose Kirillov, con un tono, del resto, alquanto indifferente.

«Dunque amate anche la vita?»

«Sì, amo anche la vita, perché?»

«Ma se avete deciso di spararvi!»

«E allora? Perché le due cose insieme? La vita è una cosa, questa è un'altra. La vita esiste, la morte non esiste affatto.»

«Avete cominciato a credere nella eternità della vita futura?»

«No, non nella eternità della vita futura, ma di questa vita. Ci sono dei momenti, voi arrivate a certi momenti in cui il tempo si ferma e diventa eterno.»

«Sperate di arrivare a un simile momento?»

«Sì.»

«È poco probabile che sia possibile nel nostro tempo» rispose Nikolaj Vsevolodoviè, senza alcuna ironia, lentamente e pensoso.

«Nell'Apocalisse l'angelo giura che il tempo non esisterà più.»

«Lo so. Questo là è detto molto giustamente, con chiarezza e precisione. Quando tutto l'uomo raggiungerà la felicità, il tempo non vi sarà più, perché non occorrerà. È una idea molto giusta.»

«Dove, dunque, lo nasconderanno?»

«In nessun posto lo nasconderanno. Il tempo non è un oggetto, è un'idea. Si spegnerà nella mente.»

«Vecchi luoghi comuni filosofici, sempre gli stessi dal principio dei secoli» borbottò Stavrogin con una certa disgustata compassione.

«Sempre gli stessi! Sempre gli stessi dal principio dei secoli! E non ce ne saranno mai altri!» replicò Kirillov con lo sguardo scintillante, come se quell'idea racchiudesse quasi la vittoria.

«A quanto pare siete molto felice, Kirillov?»

«Sì, molto felice» rispose l'altro, come se dicesse la cosa più comune del mondo.

«Eppure ancora così recentemente eravate afflitto; eravate arrabbiato con Liputin?»

«Uhm... adesso non rimprovero nessuno. Allora non sapevo ancora di essere felice. Non avete mai visto una foglia, una foglia d'albero?»

«Sì.»

«Non molto tempo fa ne ho visto una gialla, con un po' di verde, marcita sui lati. Il vento la portava. Quando avevo dieci anni, d'inverno chiudevo apposta gli occhi, mi immaginavo una foglia, verde lucente con le nervature e il sole che brillava. Riaprivo gli occhi e non credevo a nulla,  perché quello era molto bello e li chiudevo di nuovo.»

«Cos'è, un'allegoria?»

«N-no!... perché mai? Non è un'allegoria, ma una semplice foglia, solo una foglia. La foglia è bella. Tutto è bello.»

«Tutto.»

«Tutto. L'uomo è infelice perché non sa di essere felice; solo per questo. Tutto, tutto qui! Chi riuscirà a capirlo, diventerà subito felice, immediatamente. Questa suocera morirà, ma la bambina rimarrà: tutto è bene. L'ho scoperto improvvisamente.»

«E se uno muore di fame, se uno oltraggia o disonora la bambina, è bene?»

«Sì, è bene. Chi si romperà la testa a causa di una bambina, è bene; e chi non si romperà la testa, anche questo è bene. Tutto è bene, tutto. Tutto è bene per colui che sa che tutto è bene. Se sapessero di stare bene, starebbero bene, ma finché non sapranno di stare bene, staranno male. Ecco tutta l'idea, tutto, non ce n'è un'altra.»

«E quando avete saputo di essere tanto felice?»

«La settimana scorsa, martedì, no, mercoledì, perché era già mercoledì quella notte.»

«E in quale occasione?»

«Non ricordo, così... camminavo per la stanza... non importa. Fermai l'orologio. Erano le due e trentasette.»

«Come simbolo del tempo che deve fermarsi?»

Kirillov non rispose.

«Sono cattivi» ricominciò a un tratto, «perché non sanno di essere buoni. Quando lo sapranno, non violenteranno più la bambina. Bisogna che sappiano che sono buoni e tutti diventeranno subito buoni, dal primo all'ultimo.»

«Voi lo sapete e quindi siete buono?»

«Io sono buono.»

«Del resto, su questo sono d'accordo anch'io» borbottò Stavrogin, accigliato.

«Chi insegnerà che tutti sono buoni, colui compirà il mondo.»
«Colui che lo ha insegnato è stato crocefisso.»

«Egli verrà e il suo nome sarà uomo-Dio.»

«Dio-uomo?»

«Uomo-Dio, in questo sta la differenza.»

«Siete stato voi ad accendere la lampada davanti all'icona?»

«Sì, sono stato io.»

«Siete diventato credente?»

«Alla vecchia piace che si accenda la lampada... oggi lei non aveva tempo» borbottò Kirillov.

«Ma voi non pregate ancora?»

«Io prego tutto. Vedete un ragno si arrampica sul muro e io lo guardo e gli sono riconoscente perché si arrampica.»

I suoi occhi si infiammarono di nuovo. Guardava sempre Stavrogin in faccia, con uno sguardo fermo e inflessibile. Stavrogin lo spiava accigliato e sprezzante, ma nel suo sguardo non c'era ironia.

«Scommetto che quando verrò qui un'altra volta, ormai crederete anche in Dio» disse, alzandosi e prendendo il cappello.

«Perché?» disse Kirillov e si alzò anch'egli.

«Se veniste a sapere di credere in Dio, vi credereste; ma siccome non lo sapete ancora di credere in Dio, così non ci credete» sorrise Nikolaj Vsevolodoviè.

«Non è questo» rifletté Kirillov, «voi avete invertito l'idea. Uno scherzo mondano. Ricordatevi dell'importanza che avete avuto nella mia vita, Stavrogin.»
«Addio, Kirillov.»

****

«Tu sei un vigliacco e uno spirito falso. Ma io sono come te, solo che io mi ucciderò, mentre tu rimarrai in vita.»

«Cioè volete dire che io sono così vile da voler restare in vita?»

Non era ancora riuscito a stabilire se fosse vantaggioso o svantaggioso continuare in quel momento una conversazione simile e decise di «abbandonarsi alle circostanze». Ma il tono di superiorità e l'aperto disprezzo che Kirillov dimostrava nei suoi confronti, lo avevano sempre irritato anche prima, e in quel momento, chissà perché, lo irritavano ancor di più. Forse perché Kirillov, che di lì a un'ora doveva morire (Pëtr Stepanoviè non lo perdeva di vista), gli sembrava ormai una specie di semi-uomo, qualcosa che non poteva più permettersi di avere dell'orgoglio.

«A quanto pare vi vantate con me che vi sparerete.»

«Io mi sono sempre meravigliato che tutti rimanessero in vita» proseguì Kirillov, senza sentire la sua osservazione.

«Uhm! Può darsi, è un'idea, però...»

«Sei una scimmia, annuisci per conquistarmi. Taci, non capiresti nulla. Se non c'è Dio, io sono Dio.»

«Questo punto non sono mai riuscito a capirlo: perché voi siete Dio?»

«Se Dio c'è, tutta la volontà è sua, e io non posso sottrarmi alla sua volontà. Se non c'è, tutta la volontà è mia, e sono costretto ad affermare il libero arbitrio.»

«Il libero arbitrio? E perché siete costretto ad affermarlo?»

«Perché tutta la volontà è diventata mia. Possibile che nessuno sulla terra, una volta chiuso con Dio e credendo nel libero arbitrio, non abbia il coraggio di proclamare il libero arbitrio nella sua espressione più piena? È come un povero che ha ricevuto un'eredità e ha paura, non osa avvicinarsi al sacco del denaro, ritenendosi troppo debole per possederlo. Io voglio affermare subito il libero arbitrio. Sarò il solo, ma lo farò.»

«E fatelo.»

«Sono obbligato a spararmi perché l'espressione più piena del mio libero arbitrio è uccidere me stesso.»

«Però non siete il solo che si uccide; ci sono molti suicidi.»

«Per un motivo. Ma senza nessun motivo, solo per libero arbitrio, io sono l'unico.»

"Non si sparerà" quest'idea balenò di nuovo nella mente di Pëtr Stepanoviè.

«Sapete una cosa» osservò irritato, «io al vostro posto, per dimostrare il libero arbitrio, ucciderei qualcun altro, non me stesso. Potreste essere utile. Vi indicherò chi dovete uccidere se non avete paura. In tal caso potete anche non spararvi oggi. Possiamo metterci d'accordo.»

«Uccidere un altro sarebbe la più bassa manifestazione del mio libero arbitrio, in questa idea ci sei tutto tu. Io non sono te; io voglio l'espressione
più piena e uccido me stesso.»

"C'è arrivato da solo" borbottò malignamente Pëtr Stepanoviè.

«Sono obbligato a dichiarare l'incredulità» disse Kirillov camminando per la stanza. «Per me non c'è idea più alta che quella che Dio non esiste. Tutta la storia dell'umanità è con me. L'uomo non ha fatto altro che inventare Dio per vivere senza uccidersi; è questo il senso di tutta la storia del mondo, fino ad oggi. Io solo, nella storia universale, per la prima volta non ho voluto inventare Dio. Che lo sappiano una volta per sempre.»

"Non si ucciderà" pensava Pëtr Stepanoviè.

«Chi lo deve sapere?» diceva, aizzandolo. «Qui ci siamo io e voi; forse Liputin.»

«Tutti dovranno saperlo, tutti lo sapranno. Non c'è mistero che non si sveli. Lo ha detto Lui.»

E con febbrile entusiasmo indicò l'immagine del Salvatore, davanti alla quale brillava una lampada. Pëtr Stepanoviè si arrabbiò definitivamente.

«Quindi credete ancora sempre in Lui e avete acceso la lampada; forse "per ogni evenienza"?»

Quello non rispose.

«Sapete, secondo me, voi credete ancora più di un prete.»

«In chi? In Lui? Ascolta» disse Kirillov, fermandosi e guardando davanti a sé con uno sguardo immobile ed esaltato. «Ascolta una grande idea: c'era sulla terra un giorno in cui in mezzo alla terra c'erano tre croci. Uno dei tre sulla croce credeva al punto che disse all'altro: "Oggi sarai con me in paradiso". Finì il giorno, tutti e due morirono, andarono e non trovarono né il paradiso, né la resurrezione. Non si avverò quanto era stato detto. Ascolta: quell'uomo era il più alto di tutta la terra, costituiva ciò per cui essa doveva vivere. Tutto il pianeta, con tutto quanto c'è sopra senza quell'uomo non è che follia. Non c'è stato né prima né dopo un uomo simile a Lui, ha perfino del miracoloso. È davvero un miracolo che non ci sia mai stato e che non ci sarà mai uno come Lui. E se è così, se le leggi della natura non hanno risparmiato neppure Quello, se non hanno risparmiato neanche il proprio miracolo, costringendolo a vivere nella menzogna e a morire per la menzogna, vuol dire che tutto il pianeta è menzogna e che si regge sulla menzogna e su una stupida presa di giro. Quindi anche le leggi del pianeta sono una menzogna e un diabolico vaudeville. Perché vivere, allora, rispondi, se sei un uomo?»

«Questo è un altro lato della questione. Mi sembra che qui abbiate confuso due cause diverse: e questo è assai sospetto. Ma scusate un po', e se voi foste davvero Dio? Se fosse finita la menzogna e voi aveste capito che tutta la menzogna veniva dal Dio di prima?»

«Finalmente hai capito!» esclamò Kirillov con entusiasmo. «Quindi è possibile capire se uno come te lo ha capito! Ora capisci che la salvezza per tutti sta nel dimostrare a tutti questo pensiero. Chi lo dimostrerà? Io! Io
non capisco come fino a oggi l'ateo, sapendo che Dio non esiste, non si sia già ucciso. Rendersi conto che Dio non esiste e non rendersi conto nello stesso momento che ciò facendo si diventa Dio è un'assurdità, altrimenti ci si ucciderebbe immediatamente. Se te ne rendi conto sei re, e non ti uccidi più, ma vivi nella gloria più eccelsa. Ma uno, quello che lo scopre per primo, deve uccidersi assolutamente; altrimenti chi comincerà a dimostrarlo? Sarò io di sicuro che mi ucciderò per cominciare e dimostrare. Io sono soltanto Dio mio malgrado e sono infelice perché sono costretto a proclamare il mio libero arbitrio. Tutti sono infelici perché tutti hanno paura di affermare il proprio libero arbitrio. L'uomo finora è stato così infelice e povero perché temeva di dichiarare la cosa più importante
del libero arbitrio e faceva a modo suo di nascosto, come uno scolaretto. Io sono tremendamente infelice, perché ho una terribile paura. La paura è la maledizione dell'uomo... Ma io proclamerò il mio libero arbitrio; sono obbligato a credere che non credo. Comincerò e finirò, aprirò la porta. E salverò gli altri. Solo questo potrà salvare tutti gli uomini e già dalle prossime generazioni, li rigenererà fisicamente poiché nel suo aspetto fisico attuale, per quanto ci abbia pensato, non credo che l'uomo possa in nessuna maniera fare a meno del Dio di prima. Io per tre anni ho cercato l'attributo della mia divinità e l'ho trovato: l'attributo della mia divinità è il Libero Arbitrio! È tutto ciò con cui io posso dimostrare, nella sua forma essenziale, la mia ribellione e la mia nuova terribile libertà. Perché essa è davvero terribile. Io mi uccido per manifestare la mia ribellione e la mia nuova terribile libertà.»



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